La Fiorentina, come da pronostico, perde contro la Lazio ed esce dalla Tim Cup. Il modo in cui viene eliminata, però, è ciò che lascia l’amaro in bocca. La squadra scesa in campo in maglia bianca all’Olimpico non è mai riuscita ad impensierire Strakosha, salvo un’iniziativa personale del solito Chiesa.
La scelta del 3-5-2 per non prestare troppo il fianco ai biancocelesti non ha funzionato perché gli interpreti, soprattutto nella linea dei cinque di centrocampo, hanno deluso profondamente. Troppi i cambi nella formazione iniziale rispetto all’undici tipo di Pioli, che confermano l’abisso che è presente tra riserve e titolari. Ma è l’atteggiamento generale della Fiorentina che ha deluso: quello di una squadra che in innumerevoli occasioni della partita, e con diversi interpreti coinvolti, non ha avuto il coraggio di forzare la giocata per tentare di scardinare l’attenta retroguardia laziale. In fase di possesso la palla è ristagnata continuamente tra i tre centrali di difesa, senza che i centrocampisti avessero la personalità o la precisione per impostare una manovra fluida.
Impalpabile Babacar, confuso e spesso fuori posizione. Gravemente insufficiente la prestazione di Saponara, in evidente difficoltà fisica contro l’aggressività e le linee strette della Lazio. Non cambia il discorso con Eysseric nella seconda frazione: il peggior Thereau della stagione visto nelle ultime uscite resta comunque due spanne sopra i due trequartisti di riserva. Il che è alquanto preoccupante. Allo stesso modo è preoccupante l’abnorme differenza a centrocampo tra la regia di Sanchez, fatta di una sufficiente fase di rottura, passaggi orizzontali di tre metri e caterve di errori, e quella di Badelj. Il croato non è un fenomeno, ma anche nel suo caso la differenza tra la sua peggior versione e il colombiano visto in questa stagione è lampante. Male anche i titolari Veretout e Benassi (soprattutto l’italiano, autore di un primo tempo orrendo).
Sulle fasce Gaspar, per usare un eufemismo, ha sofferto costantemente Lulic (compresa l’azione del gol laziale) proponendosi in rarissime occasioni in avanti; Chiesa si è ritrovato troppo spesso a fare il terzino piuttosto che dove può far più male, a ridosso dell’area avversaria. Questa prestazione dimostra che fare l’esterno tutta fascia contro un avversario modesto come il Cagliari è un conto, ma è un’altra storia quando si ha di fronte una Lazio che possiede ben altra spinta propulsiva rispetto ai sardi. Insomma, la manovra della Fiorentina è stata lentissima sia nel primo tempo, quando la Lazio puniva di continuo gli errori banali dei giocatori viola, sia nel secondo, quando i romani approcciavano alla frazione in maniera eccessivamente guardinga ma i viola non riuscivano mai a rendersi pericolosi.
Vero è che di fronte c’era una squadra più forte della Fiorentina: la differenza tra le due rose è oggettiva e prescinde dagli undici interpreti scelti per l’occasione. Di certo però ai tifosi viola resterà il rimpianto di non aver affrontato con tutte le proprie forze un quarto di finale di Coppa Italia, unica competizione che avrebbe potuto portare un trofeo stagionale nella bacheca della Fiorentina. Perciò, in questa occasione Pioli presiede indubbiamente il banco degli imputati. L’attenuante è data dal fatto che i vari Badelj e Thereau non avevano recuperato a pieno dalla trasferta di Cagliari, ma se davvero il tecnico gigliato avesse voluto puntare fortemente sulla Tim Cup si sarebbe potuto adottare una turnazione differente dei giocatori già a partire dal match in Sardegna (cosa che ha fatto la Lazio col Crotone).
Ormai l’obiettivo di coppa è sfumato e resta solo la Serie A, con una zona Europa League ancora raggiungibile, sebbene resti sempre un’impresa complicata. Ripartire con un atteggiamento diverso da quello mostrato ieri sera all’Olimpico è d’obbligo, cercando di ritrovare le certezze faticosamente acquisite prima di ieri sera. D’altra parte, adesso non ci sarà più bisogno di turnover per Pioli. Una riflessione tuttavia resta da fare: nonostante la qualità dei titolarissimi non sia poi così eccelsa, la Fiorentina deve pregare che i suoi uomini migliori non si prendano neanche un raffreddore. Questo perché le alternative finora hanno fallito miseramente: salvo qualche eccezione (Milenkovic continua a promettere bene), le second unit gigliata, come si temeva a inizio stagione, si è dimostrata inaffidabile. Peccato solo averne avuto la conferma in un quarto di finale di Coppa Italia.

Di
Marco Zanini