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Fiorentina-Napoli, l’analisi tattica di Foco
Nella nuova rubrica di LaViola.it, Foco analizza tatticamente il pareggio a reti bianche tra Fiorentina e Napoli
Arriva al Franchi un Napoli che ha impressionato nelle sue prime due uscite in campionato. La Fiorentina è reduce da un preliminare faticoso a livello fisico e mentale. Sulla carta, l’avversario peggiore nel momento peggiore.
LE FORMAZIONI. Spalletti presenta una distinta uguale a quella dello scorso turno di campionato, almeno per quanto riguarda i titolari. Rrahmani e Kim centrali, con ai fianchi Di Lorenzo e Mario Rui, presidiano la porta difesa da Meret. Davanti a loro un centrocampo composto da destra a sinistra da Anguissa, Lobotka e Zielinski ha il compito di rifornire Kvaratskhelia, Osimhen e Lozano, che compongono il trio d’attacco.
Italiano perde Duncan e Nico per questa partita, due dei giocatori chiave della vittoria al Maradona dello scorso campionato, ma acquista un Barak con ancora il cartellino del prezzo attaccato. La sua Fiorentina vede entrare in campo Gollini, Dodô a destra e Biraghi a sinistra con il monolite Milenkovic e Quarta in mezzo. Amrabat è il perno centrale di un centrocampo che ai lati presenta Bonaventura e, appunto, Barak. Davanti Jovic tra Sottil e Ikoné.
LA PARTITA. Fiorentina e Napoli affrontano la partita con due moduli speculari per disposizione ma con sfumature di aggressione e impostazione marcatamente diverse. Il Napoli pressa subito la prima costruzione viola portando Kvaratskhelia su Milenkovic e Osimhen su Quarta. È Anguissa che va a prendere Amrabat, mentre Lobotka e Zielinski rimangono bassi con Mario Rui e Di Lorenzo a uomo su Sotti e Ikoné.
Non è lo stesso canovaccio dello scorso anno, quando in entrambe le partite il tecnico di Certaldo aveva cercato di assorbire la Fiorentina poco prima della propria trequarti per poi lanciare Osimhen nello spazio coi suoi trequartisti a rimorchio. Ma non è neanche la fitta ragnatela di pressing posizionale di Italiano. La Fiorentina, infatti, interpreta l’aggressione al primo palleggio avversario in maniera massiccia, come ormai da tempo. Barak e Bonaventura si alzano alla stessa altezza di Jovic per posizionarsi negli spazi di passaggio tra i centrali e i due terzini, le due ali stringono per schermare i due interni mentre i terzini rimangono larghi a chiudere le vie esterne. Poi c’è Amrabat. Se i suoi compagni hanno un foglio coi compiti da fare, per lui Italiano ha preparato un tomo tipo Guerra e Pace. Il marocchino, infatti, deve andare a prendere subito Lobotka sulla prima ricezione dalla difesa, andare a coprire gli spazi lasciati aperti da Barak e Bonaventura quando questi aggradiscono l’area avversaria e, se c’è tempo, occuparsi dell’ ipotetico nemico che vuole provare ad aprire la difesa palla al piede. Roba per decatleti col corso a Coverciano superato.
L’ibrido escogitato da Spalletti dimostra subito di avere qualche problema di concezione. Il primo palleggio della Fiorentina non sembra mai troppo in affanno e i viola hanno l’opportunità di distendersi abbastanza frequentemente. Soprattutto a sinistra, dove Lozano non impensierisce più di tanto in pressing Biraghi, permettendogli il dialogo con Sottil. A destra Dodô sa che Kvaratskhelia potrebbe essere difficile da riprendere correndo all’indietro e quindi rimane più basso, ampliando, però, una distanza da Ikoné che non sempre Bonaventura riesce a colmare. Anche perché in quella posizione staziona Zielinski, che nei piani del suo allenatore dovrebbe essere l’uomo incaricato di far distendere il Napoli in conduzione. I problemi per i viola, però, iniziano sulla trequarti, dove il Napoli ammassa i suoi uomini creando densità.
La partita fa vedere da subito che gli allenatori, in settimana, hanno pensato molto ognuno al rispettivo avversario. È un match molto intenso grazie agli ordini dei due mister, ordini che vengono eseguiti con talmente tanta diligenza che la mia impressione è quella di due squadre che si annullano, andando ognuna a cementare le fonti di gioco ragionato dell’altra. Le possibilità di vedere un lancio a palla scoperta sembrano essere le stesse di incontrare la Ratajkowski alla Coop. Le (poche) occasioni del primo tempo nascono da piccoli ritardi nell’attuare i movimenti difensivi (quelle del Napoli) e da strappi a cercare l’uno contro uno (quelle della Fiorentina).
Il secondo tempo inizia sullo stesso spartito del primo, con un Napoli che però pare più frustrato della Fiorentina per l’incapacità di aggirare il dispositivo difensivo avversario. Osimhen tocca più palloni del suo omologo Jovic ma esclusivamente perché è un tipo di centravanti più associativo e mobile, ma il livello di incisività è lo stesso del serbo. Kvaratskhelia, un fenomeno in potenza per me, viene letteralmente cancellato da Dodô, mentre il pressing della Fiorentina chiude ogni possibilità di inserimento di Zielinski. Per questo Spalletti decide di cambiare tutto, togliendo i tre davanti e il polacco a favore di Simeone, Elmas, Politano e Raspadori, con l’intento di disegnare un 4-2-3-1 in grado di riprendere il possesso manovrato del pallone a ridosso dell’area viola. Italiano, invece rimane sul suo copione e opera dei cambi ruolo su ruolo, con Kouame, Maleh e Saponara che devono calcare le stesse zolle di Ikoné, Bonaventura e Sottil. Il cambio di strategia e di uomini del Napoli non smuove minimamente una Fiorentina mentalmente di ferro e la partita scorre via con pochissime e casuali occasioni.
LE CONCLUSIONI. Era una partita molto temuta dai due allenatori e l’estrema attenzione con cui le due squadre hanno svolto i compiti chiusura e riconquista lo dimostra. Secondo me Spalletti, però, la temeva di più. Dico questo perché il Napoli ha in parte snaturato se stesso per arginare la Fiorentina, cercando un pressing che non è un suo marchio di fabbrica. Ne è conseguita per i partenopei una maggiore difficoltà nel fraseggio e quindi nel cercare di innescare i suoi due assi davanti. La Fiorentina è perfetta nel l’aggressione alta e molto buona nella chiusura degli spazi contro le transizioni avversarie. Italiano ha ormai perfezionato questo tipo di gioco e la sua squadra, reduce da un dispendio di energie considerevole giovedì, ha dimostrato una sicurezza che la pone ad un altro livello rispetto allo scorso anno. Se si considera che non è mai stata varata la stessa formazione e che anche un Barak appena arrivato e piazzato in un ruolo non suo, non ha palesato grossi problemi, si può capire bene. Difensivamente la crescita della squadra è abbacinante se si nota come un centravanti come Osimhen (giocatore mostruoso nel mangiarsi gli spazi e reattivo in maniera soprannaturale in area) è stato ridotto ad un Van Wolfswinkel qualsiasi.
Manca, però, ancora qualcosa alla Fiorentina, è vero. Rispetto allo scorso anno questa manciata di partite racconta che Italiano sta cercando un modo diverso di effettuare le transizioni offensive, più orientato sugli esterni per non impantanarsi nel giro palla orizzontale. Ma è ancora tutto troppo delegato alle scelte dei singoli in fase di ultimo sviluppo. Se il mister riuscirà a dotare i suoi uomini di movimenti di aggressione della porta senza palla abbastanza automatici, questa squadra potrebbe toccare livelli impensabili prima. Barak è un ottimo acquisto in questo senso, i suoi inserimenti potrebbero creare spazio vitale per un centravanti come Jovic che vive di smarcamenti.
C’è, insomma, sicuramente qualcosa da perfezionare, ma chi scrive è rimasto esaltato da una squadra viola che contro il Napoli ha iniziato un percorso di maturità che potrebbe schiudere orizzonti molto più vasti di quello che si sarebbe potuto pensare.
