A pensarci, in effetti, trenta chilometri non sono niente. Una strada di grande comunicazione, qualche uscita intermedia ai confini (Lastra a Signa, Ginestra e Montelupo) e la distanza è colmata. Eppure, per quanto geograficamente vicine, confinanti, prossime, Empoli e Fiorentina calcisticamente rappresentano due mondi paralleli, che come la geometria ci insegna, finiscono per non incontrarsi, quasi mai.
Da una parte dell’Arno c’è Firenze, la morbosità, l’attaccamento e la passione viscerale ai colori viola. C’è una società che da sempre mira a rimanere ai piani alti del calcio italiano, per storia e tradizione, a ben figurare nelle competizioni europee e a cercare, stadio o non stadio, la definitiva consacrazione e il definitivo salto di qualità. A vincere, magari, qualche trofeo. Una società impostata su un modello di grande azienda, come multinazionale è la vocazione data al mercato e alla rosa, composta di tanti stranieri sia a livello di prima squadra che di settore giovanile.
Dall’altra parte del fiume c’è Empoli, c’è una realtà che per certi versi può essere considerata l’elite, l’esempio, il manifesto di che cosa significhi fare calcio e bene in Provincia. C’è una società che vede nella salvezza il suo tricolore, nella valorizzazione di giovani il leit motiv di un progetto che va avanti da diversi anni. C’è una società impostata su un modello familiare, gestita in prima persona e giornalmente dal Presidente Corsi, volta a guardarsi attorno, pronta a pescare dal serbatoio del proprio settore giovanile e all’italianizzazione.
Domenica alle 15.00 questi due mondi si sfideranno, in un derby sicuramente più sentito dalla parte empolese ma che dovrà essere preso alla giusta maniera dalla Fiorentina, per evitare passi falsi non ammessi in questa parte di stagione. Un derby che dovrà dire molto delle rispettive ambizioni; l’ Europa per la Fiorentina, la salvezza per gli azzurri.
Di
Duccio Mazzoni