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‘Abituati’ a partire in salita. In trasferta sempre costretti a rincorrere

LA VERSIONE scintillante della Fiorentina da trasferta sta perdendo smalto e anche l’Olimpico conferma questa tendenza negativa. La spietata squadra esterna di Sousa (fino a qualche tempo fa), a Roma lascia il posto a una sbiadita versione di una viola quasi intimorita. Certamente impacciata, che non riesce a riemergere nemmeno provando ad andare sulle corsie esterne, con un Bernardeschi (bello rivedere la fascia al braccio di un numero 10, ndr) commuovente nel cercare di togliere pressione a tutta la linea di centrocampo e di difesa. Alla Fiorentina non riesce il palleggio che era sempre stato il porto dove rifugiarsi per far passare la tempesta. E la tempesta si abbatte con forza almeno fino al 23’, quando arriva il vantaggio di Keita.

SEMBRA quasi che ogni volta sia necessario aspettare il primo ceffone per svegliarsi dal torpore. Preso lo schiaffo la Fiorentina si mette in moto. E’ iniziato tutto a San Siro, dopo l’uno-due firmato dalla premiata ditta Brozovic-Candreva. E’ continuata a Genova, per proseguire poi a Roma. Un aspetto che preoccupa perché se da una parte le lacune tecniche possono essere spiegate – o meglio, ‘giustificate’ – per l’atteggiamento in avvio ci sono poche scusanti. Deve essere sempre quello giusto, aggressivo, indipendentemente dalla qualità della rosa e dai protagonisti in campo. Deve essere l’atteggiamento di tutti, come ha detto Bernardeschi a fine gara, richiamando i compagni a una riflessione tra le quattro mura dello spogliatoio. Come farebbe un navigato capitano di ventura, non un ragazzo di 22 anni. Ma i (futuri) campioni si vedono anche da queste sfumature.

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