Era passata nemmeno una settimana di ritiro; Paulo Sousa, trincerato nel suo silenzio e nel suo realismo della seconda avventura a Moena, dribblando domande di mercato e respingendo illazioni nella conferenza stampa post prima uscita con il Trentino Team, aveva illuminato gli occhi solo parlando di un ragazzo, uno di quei tanti giovani che si aggregano d’estate ma che spesso corrono il rischio di essere meteore di Agosto. Quel ragazzo era Federico Chiesa e le parole del tecnico portoghese furono inequivocabili: “Federico Chiesa farà parte del nostro gruppo per tutta la stagione”.
Erano bastati pochi allenamenti al classe 1997 per entrare nelle grazie del mister, per colpirlo da un punto di vista di umiltà, sacrificio e abnegazione. Quelle doti che se possedute, delle volte, vanno al di là del talento. Quelle doti affinate alla Settignanese e poi sgrezzate nel settore giovanile viola. Tutti stupiti, contenti, tutti tranne Federico, convinto di essere solo all’inizio di un percorso.
Percorso che prosegue la notte del 20 di Agosto, prima di campionato, debutto nella sfida con la S maiuscola di Torino con la Juventus. Sousa, un po’ per scelta un po’ per costrizione(per qualcuno volendo mandare un monito alla società sui mancati rinforzi come fatto anni prima da Montella con Brillante), lancia Chiesa dal primo minuto, dietro a Kalinic, accanto a Ilicic. Un tempo, poi la sostituzione. Un tempo in cui l’umiltà e le doti si erano intraviste, nel grigiore generale della prestazione viola. Tutti stupiti, ancora una volta, tutti tranne Federico, consapevole di aver sfruttato bene l’occasione, che non era quella della vita.
C’era infatti il rischio di bruciarsi, di spegnere immediatamente e bruscamente i riflettori accesi, ma invece si trattò solo di un primo assaggio a quello che era e significava il calcio dei grandi. Di lì in poi qualche apparizione a gara in corso e diversa panchina, con qualche partita giocata con la Primavera nel momento di maggior difficoltà della Fiorentina, quando l’equazione giovane = bruciatura era molto più immediata. Infine la nuova occasione dal primo minuto, da titolare, ieri sera. E, ancora una volta, una grande risposta nel ruolo da sempre più congeniale a Chiesa, quello di esterno . Velocità, continuità, abilità e corsa in entrambe le fasi, spunti personali e assist per i compagni. E quella corsa un po’ ingobbita che ai nostalgici ricorda il padre, altro attore di questa bella storia, mai sopra le righe, mai superiore al ruolo che gli compete.
Tutti stupiti, ancora una volta, tutti tranne Federico. Pronto a prendersi, passo dopo passo, questa Fiorentina di cui non sappiamo se diventerà bandiera(come detto da Sousa), ma che in parte ha già conquistato. Con grinta e abnegazione, le sue doti.

Di
Duccio Mazzoni