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Editoriali

Europa, riscatto, frecciate e mancate risposte: tutti i paradossi di una stagione

Può una partita rappresentare una stagione? Possono novanta minuti, e la coda lunga che segue ogni pre e post gara, essere l’immagine principale per descrivere un’annata? Se uno guarda attentamente la sfida di Genova, la analizza nei dettagli tecnico-tattici e extra campo, può trovare tutte le diverse sfaccettature di questo anno della Fiorentina. Fatto di interrogativi, di dubbi, di mezze parole, di sentenze che ogni qual volta provano a essere emesse vengono rispedite al mittente dai giudizi del campo. Una stagione piena di paradossi, ma proprio per quanto detto sopra, difficile da decifrare o prevedere.

Il paradosso del campo ci consegna una squadra brava a non mollare, desiderosa di riprendere una gara che non meritava mai di perdere, combattiva per determinazione e qualità. Armi mancate in diverse circostanze, in diverse situazioni, in diversi momenti che potevano scrivere tutta un’altra storia. Il gruppo ha dimostrato ancora una volta di crederci, di provarci, di aver reagito al contraccolpo post Borussia. Un gruppo in cui alcuni solisti tornano a emergere, vedi il Tello devastante del secondo tempo, vedi il nuovo assist di Saponara  o Babacar ancora a segno. La giusta conferma che con la continuità si può valutare più attentamente un giocatore.

Un gruppo in cui si registrano stecche, le più evidenti quelle di Milic e di un Ilicic ormai con la testa lontano dalla Fiorentina, ma coeso nel voler inseguire un’Europa che Genova non avvicina ma nemmeno allontana del tutto. Perché il testa a testa con le milanesi, calendario e motivazioni a confronto, può trascinarsi fino al termine della stagione.

Ma il paradosso più grosso sta forse nei numeri: la Fiorentina ha, oggi, 52 punti. Tre soli in meno dei 55 realizzati in tutta la scorsa stagione, quando di questi periodi il cartello vacanze iniziava a essere attaccato. Punti utili per staccare il pass per l’Europa con diverse giornate di anticipo, attraverso un quinto posto che, invece, quest’anno forse vale più di 65 punti.

Il paradosso extra, o trans, campo riguarda invece l’ennesima dichiarazione di Sousa: “la squadra non è mia, l’alleno e basta”. Il giochino obbligo o verità non ci interessa, così come stare a rivangare certi errori commessi nel passato, all’origine dell’anno o nel mercato di Gennaio soprattutto. Quel che conta è che queste continue frecciate, senza per altro una risposta da parte della società in nome di un quieto vivere, contribuiscono a far si che questo fine rapporto scivoli via nel peggiore dei modi. Con il veleno da una parte e l’indifferenza dall’altra. Ognuno voglioso di non discostarsi dalle proprie posizioni, convinto di avere ragione e non torto. Entrambi non consapevoli di danneggiare sé stessi e la propria immagine.

Perché non sappiamo quanto queste dichiarazioni e un simile comportamento possono essere accettate in altre latitudini, italiane o estere. Perché non sappiamo quanto bene possa uscire, in futuro,  una società che accetta passivamente senza prendere e tenere il coltello dalla parte del manico.

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