
Obiettivo 60 punti secondo il tecnico, ma in 12 partite serve un ritmo ‘da grande’. Tanti scontri diretti e sfide alle big. E tanti tifosi criticano l’allenatore.
Prima sconfitta del 2019, ma a Firenze è tornata aria di diffuso pessimismo su una stagione che al termine della ‘settimana nerazzurra’ appare un po’ più compromessa. Grande carattere, spirito, grinta, ma limiti tecnici e non solo che sono emersi contro Inter e Atalanta. Otto giorni dispendiosi, per una rosa non attrezzata per giocare ogni tre giorni a ritmi vertiginosi. La Fiorentina se l’è giocata, è tornata in partita quando tutto sembrava perso. Poi è capitolata a Bergamo, vedendo di nuovo allontanarsi le posizioni che valgono l’Europa in campionato.
FRAGILITA’. Difficoltà che hanno coinvolto soprattutto la difesa, e la fase difensiva. Nove gol subiti nelle tre gare in una settimana, 14 reti incassate nelle 7 gare del 2019 in campionato (media di 2 gol subiti a partita). Gol al passivo che diventano 18 in 10 partite comprendendo anche le partite di Coppa Italia. Per dare un’idea, la Fiorentina aveva subito gli stessi 18 gol nelle prime 19 giornate di campionato. Un bel cambio di tendenza (in negativo), fragilità che hanno limitato la forza di una squadra che invece davanti ha trovato grande incisività (16 gol fatti nelle ultime 7 di campionato, 28 reti in 10 gare del 2019). E intanto in classifica i viola si allontanano dalla zona Europa.
60 PUNTI. “Dobbiamo pedalare, ma abbiamo ancora tanto da dare. Sappiamo che ci vogliono 60 punti per andare in Europa, mancano 12 partite e mancherebbero 24 punti”, ha ribadito Stefano Pioli. “Ma ci saranno tanti scontri diretti, per noi e per le altre. Abbiamo le capacità per scalare la classifica, ma dobbiamo vincere contro squadre forti, specie in casa nostra, come contro Lazio o Torino. Se vogliamo arrivare davanti, dobbiamo farlo”. Tabella chiara, ma missione ardua. La Fiorentina dovrebbe tenere una media di 2 punti a partita da qui alla fine: nelle ultime 12 gare di andata fece 13 punti. Servirebbe un cambio di rotta notevole. E il calendario, appunto, prevede tanti scontri diretti e incroci con le big: Lazio, Torino e Milan in casa, Roma e Juve in trasferta. Ammesso di riuscire a non steccare contro chi è dietro in classifica o gioca per non retrocedere (fatto non scontato, visti i precedenti), i viola dovrebbero battere almeno 2-3 rivali di alta classifica. Tutto in gioco, sì, ma i margini di errore ora stanno a zero.
LE CRITICHE A PIOLI. Dopo l’ultima frenetica settimana, ora giorni di lavoro preziosi per Pioli e il gruppo viola. Rientrerà a pieno regime capitan Pezzella, così come Mirallas. Ma servirà registrare tutto l’assetto di squadra. Contro l’Atalanta è emersa, con rammarico, l’inferiorità fisica, tecnica e di gioco della Fiorentina. Nel doppio confronto ravvicinato, i nerazzurri sono stati superiori su più livelli. E la speranza è che da qui a fine aprile la condizione delle due squadre possa cambiare (per quello che sarà il vero obiettivo e spartiacque della stagione). Ma tornando al presente, sul banco degli imputati è finito ancora Pioli. Tanti i tifosi che hanno contestato al tecnico le scelte di formazione e di tattica contro Gasperini: Hugo a uomo su Ilicic a Firenze, il ruolo di Dabo, la novità tattica a Bergamo (una sorta di 3-4-3) che poco ha pagato. Oltre alla cronica mancanza di un gioco preciso. In tanti, sui social e nei commenti in città, stanno criticando apertamente Pioli. Anche in ottica futura. Anche se la società, al di là dei risultati, sembra orientata a continuare con il tecnico anche per la prossima stagione.
I LIMITI DELLA ROSA. D’altro canto, però, c’è da chiedersi quante delle responsabilità di una Fiorentina 10° in classifica siano in mano al tecnico, e quante in mano alla proprietà e alla società. Oltre che ai giocatori. Discorso già fatto e rifatto. Contro un’Atalanta che viaggia a mille e che fa della sua forza il tridente offensivo e soprattutto il gioco sulle fasce, probabilmente l’allenatore non aveva a disposizione giocatori adatti per opporre adeguate controffensive. Scelte sbagliate sì, ma anche rosa con dei limiti evidenti e cronici. Di organico, di qualità, di tecnica. Hugo che esce fin troppo alto su Ilicic, Milenkovic che sbaglia interventi dopo mesi di ottimo rendimento, i tanti errori individuali: probabilmente non tutte colpe di Pioli. Con Chiesa spostato davanti (con risultati eccellenti), Muriel che per lavoro di squadra non è Simeone, e un Veretout che gioca qualche metro più avanti, tutto l’assetto ha perso l’equilibrio mantenuto per mesi. È la questione della coperta corta: prima non prendi gol ma non segni, poi riesci a segnare ma subisci troppo facilmente. Dove tiri la coperta, la squadra si scopre.
PER SEMPRE DAVIDE. Una squadra che, nonostante tutto, ha una sua anima. Una sua identità morale. Quella non si può negare, è stata applaudita anche dai tifosi al Franchi e domenica a Bergamo nonostante il ko. Meriti anche di Pioli che ha fatto crescere un gruppo con valori veri. ‘Una squadra che non gioca solo per qualcosa, ma per qualcuno’: un mantra per Pezzella, Chiesa e compagni, un’eredità indelebile del Capitano Astori. E nei giorni del ricordo di Davide, è emersa ancor più forte l’umanità dei giovani in maglia viola. Emozioni pure, al Franchi come a Bergamo, e poi a San Pellegrino Terme. Il mondo del calcio si è unito nel primo anniversario senza Astori, ma Firenze si stringe ogni giorno intorno al ricordo del suo Capitano. L’armadietto ancora al suo posto al centro sportivo, una presenza costante ad ogni allenamento, un pensiero inalterato per ogni partita. E poi i vari tatuaggi, la fascia, quell’uno con il tre mimato al cielo dopo i gol, il saluto del capitano sotto i tifosi. Gesti spontanei, pieni di emozioni. Un anno senza Davide. Ma Davide vive in tutta la Fiorentina. E in tutta Firenze.

Di
Marco Pecorini