Intervista all’ex trequartista argentino arrivato a Firenze per sostituire Rui Costa e poi diventato idolo in Grecia
In sottofondo si sente il rumore di un trattore e la linea va e viene. Una sola stagione in Serie A, ma l’italiano se lo ricorda ancora. “Mi sono allontanato dal mondo del calcio, ora ho un’azienda agricola a Rosario con circa 250 dipendenti, dove alleviamo maiali e mucche. È una tra le più grandi d’Argentina”, così Ezequiel Gonzalez a LaViola.it. L’ex trequartista ha collezionato 1 gol e 2 assist in 26 presenze in maglia viola nella stagione 2001-2002, quella della retrocessione in Serie B. “Ero arrivato con l’entusiasmo di conoscere una bella squadra e una nuova cultura. Provenivo da una società dove non si guadagnava tanto, ma c’era un gruppo umano bellissimo: lottavamo sempre per vincere il campionato o la Libertadores. A Firenze non è stato un anno felice per uno come me a cui piace vincere, ma da tutto si impara: è stata l’unica volta in cui non ho vinto e siamo andati in Serie B. È stata dura”.
Per assicurarselo la società viola aveva battuto la concorrenza del Porto, ma c’erano anche club spagnoli, francesi, tedeschi e russi per quello che era uno dei talenti più interessanti del calcio argentino. E con 5 milioni è ancora la sesta cessione più onerosa del club rosarino dietro a Buonanotte, Di Maria, Lo Celso, Cervi e Montoya. “Nel 2001 sono arrivato a Firenze, ma il mio cartellino era stato acquistato nel 2000. Ricordo che uno degli intermediari era Bertoni. Io non volevo lasciare il Rosario Central, fino a quando non è arrivata la chiamata della Fiorentina. A quel punto decisi di trasferirmi in Italia nella squadra che era stata di Batistuta: per me era un sogno”. Ma la realtà che trovò a Firenze non era quella che si immaginava. “Toldo e Rui Costa erano già stati venduti e c’erano dei problemi finanziari. Erano problematiche a cui io ero abituato, ma i miei compagni no: i problemi economici del club hanno tolto l’attenzione dei giocatori dal campo. Io sentivo che la squadra pensava più a quello che a preparare le partite. Credo che quello fosse il principale motivo del pessimo rendimento che abbiamo avuto”. Da sogno a incubo. “L’eredità di Rui Costa non mi ha pesato, ma sono convinto che con un gruppo e una situazione migliore avrei potuto fare molto meglio”.
Tanti momenti brutti, ma il 42enne ha anche qualche ricordo bello della sua esperienza in riva all’Arno. “Quello migliore è stato quando ho mandato a f*****o Mancini. Lui aveva dei modi di fare che non mi piacevano, trattava male tutti i giocatori. In una partita gli risposi di starsene tranquillo e di non parlarmi così, e al fischio finale mi è venuto a parlare con quel tono e l’ho mandato a f*****o. Lui non mi ha fatto più giocare dopo quella volta, ma la settimana prima che se ne andasse, mi ha provato titolare in allenamento. Ci siamo lasciati senza parlarci, ma forse con quel gesto ha capito che mi stavo allenando bene, che il mio impegno era sincero”. Mancini era alla prima esperienza in panchina, ma poi la sua carriera è stata ricca di successi. “Mi ha sorpreso. Col suo carattere non pensavo che potesse fare così bene, ma sapevo che aveva un occhio che vedeva bene il calcio”.
L’unico gol segnato con la Fiorentina di Equi è stato alla prima da titolare nel pareggio 1-1 contro il Bologna. “Mi è servito per trovare fiducia, ma la squadra non funzionava. Sotto la maglia avevo quella del Rosario Central, per casualità ce l’avevo quel giorno e si è vista nell’esultanza, ma l’ho usata solo in quell’occasione”. A Firenze ora c’è un suo omonimo, di cui si è parlato molto nelle ultime settimane e un ex compagno nelle vesti di dirigente. “Nico è un gran giocatore, peccato per i tanti infortuni. Speriamo che possa dimostrare presto tutto il suo valore. È una perdita importante anche per la nazionale, ma è giovane e avrà tempo per tornarci. Con Burdisso ho giocato al Boca. Un grande professionista. Di lui ho dei bei ricordi”.
Al termine di quella stagione maledetta, Gonzalez è tornato in Argentina, per vincere la Libertadores con il Boca Juniors e qualche anno più tardi è tornato in Europa, al Panathinaikos dove ancora oggi è un idolo. “In Grecia mi sono trovato come a casa. Abbiamo lottato per vincere il campionato e ho giocato la Champions League. Sono molto grato alla tifoseria. Ad Atene e a Firenze ci torno ogni 2 anni con mia moglie, che allora era la mia ragazza, e i miei figli. Credo di tornare a luglio. Mi piace passeggiare per il centro e per la campagna. Purtroppo in campo sono stato sfortunato, ma se dovessi tornare indietro rifarei quella scelta perché si impara tanto anche dalle esperienze negative”. Hasta luego Equi.
Di
Mattia Zupo