Nella nuova rubrica di LaViola.it, Foco analizza tatticamente il pareggio a reti inviolate nel derby toscano tra Empoli e Fiorentina
Ad Empoli la Fiorentina va in campo per la terza volta in sette giorni. La aspetta la squadra di casa, reduce da una buona ma sfortunata prova a La Spezia.
LE FORMAZIONI. Zanetti non cambia nulla rispetto a domenica scorsa e ripropone Bajrami dietro a Destro e Lammers, Marin in regia con ai fianchi Bandinelli e Henderson. Italiano, invece, vara la terza formazione diversa in tre partite. Milenkovic e Maleh rappresentano gli unici punti fissi di una squadra che presenta il ritorno di Gollini in porta, gli innesti di Dodô e Quarta e Terzic in difesa, Mandragora centrale di centrocampo e Bonaventura a sostegno di Saponara, Jovic e Ikoné.
LA PARTITA. Zanetti schiera i suoi uomini cercando un 4-3-1-2 che sulla carta parrebbe ripercorrere le storiche gesta di Sarri e Giampaolo. Due punte di ruolo lasciate abbastanza larghe nell’intenzione di aprire centralmente la difesa viola per gli inserimenti e rifiniture di Bajrami, un mediano a presidio della difesa per chiudere e imparare, due interni da aggressione e di appoggio alle avanzate dei terzini. La Fiorentina disegna sul rettangolo verde il solito 4-3-3 con le ali a piede invertito, un centrocampo più leggero rispetto a giovedì e una conduzione più orientata a destra, con Dodô molto alto.
Fin da subito si capisce che il 4-3-1-2 dell’Empoli ha poco a che fare con quello del passato remoto e anche con quello più recente di Andreazzoli. I padroni di casa, infatti, mostrano un baricentro molto basso, zero volontà di aggressione alta e una certa ritrosia anche verso il palleggio. Il piano di Zanetti ricorda molto quello del Venezia dello scorso anno, ossia marcare molto aggressivamente basso per poi cercare di scappare con meno passaggi possibili verso le due punte. Un piano che ammazza solo il suo numero dieci. Bajrami infatti sparisce dalla partita poco dopo il fischio iniziale, per non tornare più. La Fiorentina riesce quasi subito a mangiarsi sessanta metri di campo, favorita dalla pressione praticamente inesistente nella sua metà campo.
Cosa facilitata anche da una pressione posizionale precisa sulla prima costruzione empolese che costringe i calciatori in azzurro a cercare sempre il lancio lungo e quindi a perdere subito il possesso. La palla è quasi sempre tra i piedi dei viola, una cosa che paradossalmente crea loro anche problemi. Sì, perché al Castellani il nemico più cattivo per i ragazzi di Italiano sembra essere proprio il pallone. La Fiorentina lo muove molto ma tra cattiva gestione tecnica e mancanza di movimenti senza palla, l’attrezzo non produce quasi nulla di importante.
La scelta di Saponara a sinistra e Ikoné a destra vorrebbe aprire il fondo ai due terzini, grazie al movimento verso il centro che in teoria i due attaccanti esterni dovrebbero fare, ma la cosa non succede quasi mai, seppur per motivi diversi. Infatti se a sinistra è la pessima giornata , tra spunti e scelte, di Riccardo a depotenziare la catena di sinistra, dall’altra Dodô cerca troppo di entrare in mezzo per scambiarsi con Bonaventura, non aggredendo mai la linea di fondo e non fornendo mai lo scarico a Ikoné.
Già, Ikoné. Il francese, anche a causa delle mancate sovrapposizioni di cui prima, non taglia quasi mai dentro senza palla, cosa che ci toglie una buona percentuale di opzioni in attacco. Quando succede, Vicario gli toglie il gol con l’ascella. Tra lui e Saponara vengono a mancare quei movimenti fondamentali per alleggerire Jovic dal peso di una marcatura troppo spesso doppia e troppo spesso semplice. Ma mentre per Saponara ci sono delle scusanti, date dal suo essere riadattato in quella posizione, per Ikoné, per me, c’è una mancata crescita tattica che sembra sempre più evidente. Abituato a giocare di puro istinto, il numero undici viola fatica a sfruttare la sua velocità senza palla sui piedi e la mancata comprensione dei movimenti basilari del ruolo lo rende poco sicuro anche nelle scelte. Questa confusione la si può notare anche nella postura che usa per ricevere palla, quasi mai impostata verso la porta avversaria.
Queste difficoltà delle ali spingono, come già accennato, Jovic fuori dal match: il serbo non riceve mai palla in posizione pericolosa e vive una partita di pura frustrazione. Bonaventura cerca spesso l’area empolese ma sembra tutto più legato al suo sentire, più che a meccanismi di gioco. La partita scorre via senza emozioni vere, con la Fiorentina che non riesce a sfruttare cambi, un’espulsione a favore (nell’unico spunto di Jovic, per altro auto costruito) e persino una buona porzione di secondo tempo in undici contro nove.
LE CONCLUSIONI. Certe volte il dato sul possesso palla sottolinea qualcosa di negativo. Dopo le prime due partite all’insegna della tensione verticale e delle transizioni ridotte all’essenziale, la Fiorentina si ripresenta nella sua veste più orizzontale e legata. Intendiamoci, la Fiorentina non si può dire che abbia giocato male ma è come se mancasse sempre l’ultimo capitolo del manuale. Ci sono gli sbagli tecnici e le cattive scelte dei singoli, è vero, ma il mister deve saper dotare la squadra di vie di gioco che contemplino anche l’ultimo tratto, quello verso la porta avversaria. Il movimento senza palla deve essere preteso e, soprattutto, deve essere insegnato.
Inoltre, avere una squadra in grado di avanzare col possesso e di saper andare nel lungo è cosa buona, ma bisogna riuscire a farlo anche all’interno della stessa partita. Il rischio è quello di ritrovarsi con una squadra incapace di riconoscere i momenti del match. E l’atteggiamento che ne deve conseguire.
Di
Foco