Editoriali
È la Fiorentina più forte dell’era Commisso? Investimenti fatti. Ora palla al campo
Si chiude il calciomercato, per la Fiorentina è tempo di tramutare in risultati gli investimenti fatti in estate
È la Fiorentina più forte dell’era Commisso? Difficile da dire, soprattutto adesso che sono passate due giornate di Serie A e un preliminare di Conference. Lo si pensava anche l’anno scorso, soprattutto dopo gli innesti di gennaio. Lo disse anche Commisso stesso, ma poi il campo ha detto altro, al netto del sesto posto con cui i viola hanno chiuso lo scorso campionato.
SALTO. L’asticella è stata alzata. Al netto del saldo entrate/uscite, che fa segnare un netto passivo per i cospicui investimenti e i mancati introiti ma che comunque potrà essere invertito con la futura cessione di un ‘big’, la Fiorentina ha mantenuto il vice-capocannoniere della scorsa Serie A, aumentandogli l’ingaggio fino a cifre mai viste, un portiere dal rendimento mostruoso, a sua volta con ingaggio mai visto per un portiere, ha confermato quasi tutto il blocco dei titolari che sono arrivati sesti tranne Cataldi e Adli, sostituiti da Sohm e Nicolussi Caviglia, ed ha avvicendato un tecnico con due anni e mezzo di esperienza in Serie A con uno dei più esperti allenatori su piazza, dandogli un ingaggio mai visto prima a Firenze per un allenatore. In più ha inserito un centravanti da 27 milioni come Piccoli che ha ampi margini di miglioramento, un attaccante che può dare il suo contributo come Dzeko, un talento futuribile come Fazzini e un’alternativa interessante come Viti, oltre ad un esterno scuola Chelsea ed ex Brighton come Lamptey che sì, ha avuto tanti infortuni, ma che se rimesso a nuovo potrebbe fare ottime cose (anche Gonzalo Rodriguez arrivò dopo 3 gravi infortuni al ginocchio).
CAMBIO DI PASSO. La base c’è. E sì, sulla carta questa è la Fiorentina più forte dell’era Commisso. È cambiata la filosofia: si è accettato il rischio di investire, senza la certezza di rientrare. O meglio, senza prima incassare per poi spendere. Se Kean si infortunasse? Se Piccoli si dimostrasse acerbo? Se Gud facesse flop? Se questo e quell’altro? Domande lecite, ma anziché agire in maniera conservativa si è deciso di aggredire. Che poi fu l’accusa principale nei giorni della cessione di Vlahovic: cosa avrebbe potuto fare la Fiorentina di Italiano, all’epoca sesta in classifica e a ridosso della zona Champions, senza cedere a gennaio Vlahovic? Il serbo voleva andarsene dopo 1 anno e mezzo a zero? Meglio incassare gli 80 milioni subito, oppure si poteva tenerlo fino alla scadenza, rinunciando a quei soldi ma potendo contare su un centravanti che all’epoca aveva segnato 20 reti a metà stagione? Storia vecchia e archiviata, per carità. Trattasi solamente di un esempio. Non era scritto da nessuna parte che, restando, Vlahovic avrebbe segnato altri 30 gol, o che a giugno ci sarebbero state comunque delle offerte accettabili etc etc. In una parola, azzardo. L’altro problema è stato come quei soldi sono stati poi reinvestiti. Scenario che, paradossalmente, potrebbe anche essere lo stesso tra qualche mese nel caso in cui gli innesti si rivelassero dei buchi nell’acqua. Ma, ad oggi, non ci sono motivi per pensarlo. Almeno a livello oggettivo.
RISPOSTE. Gli investimenti sono stati fatti, come lo hanno fatto alcune concorrenti. Magari a qualcuno potranno non piacere i vari Piccoli, Sohm, Tizio, Caio e Sempronio, come qualcun altro nutre già delle perplessità su Pioli. Ma, in fin dei conti, anche su Kean dodici mesi fa c’era del grande scetticismo, così come c’erano dubbi su De Gea (fermo da un anno), su Gosens (dato già per finito) e su tanti altri. La palla adesso passa al campo. E’ tempo di ottenere risultati. L’obiettivo è stato dichiarato: lottare per la Champions, vincere un trofeo. Non è solamente ambizione, ma è un obiettivo. Con tutte le differenze del caso.