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E adesso che ne sarà di noi? Gli scenari per il futuro della Fiorentina

diego della valle atalanta

Più deflagrante e incendiaria dell’afa che si respira in città in questa estate caldissima (per ora). Più forte della classica goccia che fa traboccare il vaso, un vero e proprio tsunami che nemmeno il più forte dei temporali estivi poteva scatenare. Un terremoto in piena regola, nel momento meno atteso, nonostante le voci, i rumours e le mezze indiscrezioni.

Il comunicato di ieri pomeriggio, quello che mette ufficialmente e davanti agli occhi di tutti la Fiorentina in vendita, è l’ultimo colpo di teatro di una stagione, o per meglio dire di 18 mesi da quel maledetto gennaio 2016, vissuti nell’incomprensione, nelle mezze smentite, nel giochino obbligo o verità, colpevoli o innocenti che ha diviso una città, ha creato schieramenti, ha fatto buttar via sul campo un’annata.

Altro che passo avanti, altro che passo indietro. Il comunicato di ieri sancisce una rottura definitiva tra i Della Valle e Firenze, tra proprietà e tifo. Una rottura che arriva al termine di 15 anni contraddittori. In cui i periodi di massimo amore (quelli della C2, della risalita, delle grandi notti europee, ma anche del “Male non fare paura non avere sto con Della Valle”) hanno lasciato il passo alla contestazione, a volte a prescindere altre volte giusta, degli ultimi tempi. Quando i sogni sono stati anestetizzati e quando i fatti hanno sancito altre direzioni. Non tanto lontane da trofei e successi, quanto dal cuore della gente. Lasciando spazio ai freddi numeri dei bilanci.

Ma, se il passato è importante per imparare e capire i nostri errori, la domanda che tutti si fanno è: cosa succede adesso alla Fiorentina? Al di là delle teorie evoluzionistiche di Darwin (nel 2017 rinnegato in alcuni stati), al di là della Gubbio fobia e dello spalamento della neve, al di là delle reazioni di pancia, i prossimi mesi sembrano abbastanza delineati.

La Fiorentina in vendita non significa una squadra sull’orlo di un fallimento o pronta a lasciare il titolo sportivo. Il passaggio “La Società sarà nel frattempo gestita con attenzione e competenza dai suoi manager, i quali hanno tutta la stima necessaria della Proprietà e che, come sempre, lavoreranno con il massimo impegno possibile” è la trascrizione in formule di quel concetto di autofinanziamento che tutti noi abbiamo appurato nei fatti concreti nelle ultime sessioni di mercato.

Autofinanziamento, ovvero vivacchiare, ovvero spendere in base a quanto si incassa, senza mettere niente, senza creare debiti o passivi. Strategia algida ma in cui comunque si possono ottenere risultati. A patto che si faccia calcio, si valorizzi le risorse come i settori giovanili e non si facciano gli interessi dei vari compagni o amici di turno.

Questo il quadro generale, al cui interno si inseriranno, gioco forza, macrodinamiche che tasteranno il terreno per la vendita vera e propria. Il caso degli advisor: quelli americani, la Goldman Sachs come scritto dal Corriere della Sera; quelli asiatici, come i dossier che circolano in estremo oriente, nel gruppo vicino all’ex probabile acquirente del Milan Mister Bee. Advisor che avranno il compito di trovare acquirenti in grado di far salire la competitività della Fiorentina, rilanciarla e garantire una grandeur che i Della Valle non sono più in grado, per voglia, di portare avanti. Il tutto in attesa di un progetto nuovo stadio che, con o senza Della Valle, il Comune intenderà portare avanti.

Il tutto mentre i tifosi della Fiorentina non rinnegheranno mai il proprio amore. Perché, forse la cosa che non è stata mai capita, la maglia viola resterà sempre un fattore sociale, una passione, una fede, un modo di identificarsi con la storia, la tradizione e la bellezza di una città unica come la sua gente. Una fede che va oltre un proprietario. Che sia esso fiorentino, straniero o italiano.

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