Con i diritti all’estero il campionato inglese incassa 10 volte il nostro massimo campionato. Spagna in notevole crescita
Interessante analisi de La Gazzetta dello Sport sui diritti televisivi dei principali cinque campionati europei.
Sono i numeri che bruciano di più. La sequenza delle cifre della crescita dei ricavi dei diritti tv nelle famose big five, le cinque maggiori leghe europee. È qui che la distanza diventa abisso e che la “dittatura” della Premier si fa spietata. Con la Serie A a recitare il ruolo del torneo che procede con il freno a mano.
In dieci anni, diciamo in tutta l’era pre pandemia, il torneo inglese ha fatto un balzo di 2,766 miliardi di maggiorazione di ricavi annui rispetto al +398 milioni registrato dalla A, sopravanzata in graduatoria dalla robusta crescita della Liga e della Bundesliga. E ora che il quadro sta tornando lentamente verso la normalità dopo gli anni del virus, la velocità non è cambiata. Urbano Cairo, presidente del Toro e di Rcs Mediagroup, ha lanciato l’allarme due giorni fa: “Nel 2012 il nostro torneo era piazzato alle spalle della sola Premier che incassava 1,3 miliardi di diritti tv laddove noi ne incassavamo 900. Ora Spagna e Germania ci hanno superati”. Insomma la A fa fatica. E c’è un altro dato che fotografa i movimenti recenti. E che ci dice che la Premier ha superato la Premier… Nel senso che i diritti tv esteri del campionato più mondiale, vera e propria Nba del pallone, hanno addirittura superato quelli «interni» nel nuovo contratto 2022-2055: 2,103 miliardi nel mondo, 2,023 per l’Inghilterra. Un sorpasso storico. La crescita della Premier è un fenomeno mondiale: nella graduatoria della crescita decennale 2009-2019, l’incremento è stato nettamente superiore alla Nfl e alla Nba.
Oggi il campionato inglese guadagna sul fronte dei ricavi internazionali da diritti tv qualcosa come 10 volte gli incassi della A, ancora al lavoro per poter alzare l’asticella in alcune zone del mondo (in Medio Oriente e nel Nord Africa) ma per ora ferma a un paio di centinaia di milioni fra Infront (139 milioni in pratica per quasi tutto il mondo) e Cbs (per il Nord America). Il punto su cui il calcio italiano è più vulnerabile e non a caso quello che la Lega sta cercando di inquadrare come priorità a partire dall’apertura di un ufficio di rappresentanza a New York.
La traduzione di questa distanza-abisso fra Premier e A significa meno competitività e una continua strada in salita per i nostri club. In questa stagione l’Inter ha incassato poco più di 84 milioni davanti ai quasi 78 della Juve e ai 77,8 del Milan. Nella Premier il City doppia i nerazzurri con 187,2 milioni (il Liverpool è meno di due milioni dietro, 185,5), ma c’è una cosa che colpisce ancora di più: il Norwich è a 116,4, 30 in più della squadra italiana più finanziata. Questo vuol dire però anche un’altra cosa: un sistema più “democratico” nella distribuzione delle risorse. La differenza fra le ultime è gigantesca se si pensa che il Venezia non raggiunge i 26 milioni.
Il dato sulla crescita dei diritti tv è ancora più significativo se si mettono in relazione due parametri, quello dei ricavi e quello del costo del lavoro (in cui, ricordiamo sempre, non ci sono solo calciatori, allenatori e staff tecnico e organizzativo, ma anche gli stipendi dei dirigenti). In Premier il rapporto fra incremento del secondo e avanzata del primo è stato del 70,2%. Nella Liga si arriva al 99,1, in Bundesliga siamo al 96,2, mentre in A – in questo ranking solo la Francia ha cifre peggiori – arriviamo al 160,7%. Naturalmente quella dei diritti tv rappresenta solo un pezzo del futuro. E dei ricavi potenziali nel settore della comunicazione. Proprio sulla differenziazione del prodotto si gioca un’altra partita, la capacità di poter lavorare su altri fronti, non solo quello del diritto di trasmissione della cronaca della partita. Pensiamo agli highlights, ma anche a tutta l’attività via social, un universo da scoprire e su cui c’è anche un equilibrio da trovare fra le aspirazioni dei club e quelle dei calciatori, in particolare dei top player, vere e proprie aziende nell’azienda a colpi di milioni di follower. In ogni caso, e da qualsiasi verso la si guardi, il calcio italiano deve cambiare marcia. Superando la logica di egoismi e particolarismi che ne hanno condizionato lo sviluppo negli ultimi anni. Insomma, la “rimonta” non è impossibile, ma bisogna saperla costruire con scelte coraggiose.
Di
Redazione LaViola.it