Focus
Diritti tv ed introiti, la differenza abissale tra Italia ed estero. Ma si possono fare ottimi risultati anche senza incassi da big
Commisso ieri è tornato a battere sul tema, e ha ragione. Ma la storia insegna che si può fare calcio anche con competenza e progettualità
“La Serie A è un terzo della Premier League, i nostri ricavi sono incredibilmente differenti rispetto a quelli della Premier, della Liga, della Bundesliga. Abbiamo bisogno di aiuto, non solo la Fiorentina ma tutti. Il centro sportivo ci aiuterà a portare avante la politica sui giovani. Non è giusto che quando prendi un giocatore dall’Europa le tasse siano molto inferiori rispetto a quelle pagate per prendere un giocatore dall’Italia”. Rocco Commisso ha ragione. Il campionato italiano è lontano anni luce a livello economico da quello inglese, e negli ultimi anni è stato superato pure da Liga e Bundesliga. A partire dai diritti tv. In Italia i club del massimo campionato si dividono 1,1 miliardi di euro tra diritti nazionali e internazionali, in Premier addirittura 4,1 miliardi. In Spagna oltre 2 miliardi, in Germania 1,4 miliardi. Solo la Francia insegue con 700 milioni annui circa. Il gap si è concretizzato in particolare negli ultimi 10 anni, come riporta Calcio e Finanza: l’Italia è cresciuta solo di 398 milioni nell’ultimo decennio, mentre la Bundesliga di quasi 1 miliardo, la Liga di 1,1 miliardi e la Premier addirittura di 2,7 miliardi, diventando per distacco il campionato più ricco d’Europa.
DIRITTI TV. La Fiorentina nell’ultima stagione ha incassato poco più di 51 milioni di euro di diritti tv. Sapete quanto ha incassato il Norwich, ultimo classificato nella Premier 2021/2022? Ben 116,4 milioni di euro. Più del doppio dei viola. Il Watford, penultimo, 121,4 milioni, il Burnley terz’ultimo 123 milioni. E via a salire. Il settimo della scorsa Premier, il West Ham, ben 164,9 milioni di euro. Più del triplo della Fiorentina. Una forbice che in Inghilterra è più ridotta con le prime, visto che il Manchester City campione ha incassato 187,2 milioni. In Italia, dove la distribuzione è in base anche ai risultati storici e degli ultimi 5 campionati, oltre che del bacino di utenza, ad incassare di più nell’ultimo campionato è stata l’Inter con 84,2 milioni, poi Juve con 77,9 milioni e Milan con 77,8. Il Napoli quarto si è fermato a 68,5 milioni. In Spagna le ultime prendono circa 47 milioni di euro, Real e Barcellona oltre 160 milioni all’anno, l’Atletico intorno ai 130 se arriva sul podio, la quarta circa 85, dalla quinta alla settima più di 70.
PREMIER PIGLIATUTTO. Anche per questo, insomma, le inglesi possono spesso fare ‘razzia’ di giocatori che militano in Italia, spesso anche sovrapagandoli. Il Bournemouth, 17°, ha così potuto prendere Traorè dal Sassuolo per 30 milioni a gennaio, mentre il Leicester, allora in zona retrocessione, ha provato a spingere fino a 40 milioni per Gonzalez trovando però il muro viola. Mentre ricchi affari sono arrivati per lo Spezia e per l’Udinese, che hanno venduto rispettivamente Kiwior all’Arsenal e Udogie al Tottenham per 25 milioni ciascuno. Per non parlare poi della differenza di ingaggi che in Inghilterra possono proporre a giocatori magari seguiti anche da club italiani.
RICAVI. E qui si passa anche ai fatturati. La Fiorentina ha chiuso il bilancio 2021/2022 con un utile di 46,8 milioni e ricavi per 233 milioni, fortemente influenzati però dai 114 milioni di plusvalenza (soprattutto Vlahovic e una parte di Chiesa). Di questi, tra l’altro, 25 milioni li mette Commisso con la sponsorizzazione Mediacom. Se in Italia guida la Juve con 443 milioni di ricavi (ma 665 milioni di spesa) nell’ultimo bilancio, e a seguire l’Inter con 439,6 milioni di ricavi (105 milioni di plusvalenze), in Europa Manchester City (731 milioni) e Real Madrid (713) sono inarrivabili, ma anche altre società distanziano parecchio la Fiorentina. L’ultimo studio Deloitte evidenzia che 11 delle 20 società più ricche in Europa sono della Premier. Il Tottenham, ad esempio, fattura 523 milioni, l’Arsenal (quest’anno al vertice dopo anni più complicati) 433, il West Ham 301, il Leicester 252, il Leeds 223, l’Everton 213, il Newcastle 2012. L’anno prima c’era l’Aston Villa con 209. E sono dati senza plusvalenze.
MA SI PUO’ FARE LO STESSO OTTIMO CALCIO. Dura, insomma, competere così. “Senza i ricavi più alti non si possono prendere i buoni giocatori“, ha poi aggiunto Commisso ieri in relazione anche allo stadio. Su questo, però, ci sarebbe qualcosa da rivedere. Nel senso che nel calcio si possono ottenere risultati anche senza avere introiti di primissima fascia. Certo, è molto più difficile. Servono competenze, coraggio, visione di calcio. Ma esempi virtuosi ci sono. In Italia e in Europa. Si batte spesso sul modello Atalanta, preso spesso a paragone dallo stesso Commisso sugli anni che sono serviti a Percassi per imporsi ad alto livello. Ma a Bergamo è stato creato un sistema che funziona, e che magari la Fiorentina vorrebbe ripetere con il Viola Park e la valorizzazione di un settore giovanile che in questi anni sta portando tantissimi trofei, ma pochi giocatori in Prima Squadra. La Fiorentina anche quest’anno ha il 7° monte ingaggi, ma oggi è 14° in campionato (seppur anche in semifinale di Coppa Italia e con un piede agli ottavi di Conference). Il Lecce, due punti avanti ai viola in Serie A, ha un monte ingaggi lordo di 22 milioni di euro, meno della metà di quello della Fiorentina (che è a 51 milioni circa). Il Monza è a 37, l’Empoli a 27. Le prime sei spendono più dei viola, è vero, ma anche con meno soldi si può certo far meglio.
COMPETENZE. Il Napoli ad esempio con 10 milioni è andato a scovare un fenomeno come Kvaratskhelia, l’Atalanta con 17 milioni Hojlund e con 9 Lookman, la Lazio Zaccagni con 7 milioni, per non parlare dei Vicario e via dicendo. La stessa Fiorentina in passato aveva preso giocatori a cifre basse poi rivenduti a suon di milioni dopo ottimi rendimenti sul campo, da Vlahovic, Vecino, Kalinic, Alonso, Nastasic, Savic, Jovetic, Ljajic, Felipe Melo in giù. La società viola con Commisso ha speso tanto sul mercato (circa 200 milioni), ma in pochi hanno davvero reso. E quando i viola navigavano stabilmente ai primi posti del campionato, e partecipavano a Champions e Uefa (o Europa League) negli scorsi due decenni, non avevano fatturati superiori a quello attuale nè tra i primissimi a livello italiano (stessa cosa per il monte ingaggi). Anche in Europa insegnano che si può fare ottimo calcio contro i miliardi dei più ricchi, vedi Union Berlino e Lens, ai vertici di Bundesliga e Ligue 1 nonostante fatturati lontani anni luce da Bayern Monaco o Psg.
LOTTA AGLI SPRECHI. Insomma, è chiaro che uno stadio nuovo (di proprietà) avrebbe aiutato enormemente, così come ci sia bisogno di riforme per aiutare il calcio italiano a colmare il gap con le rivali europee. Ma fare buoni o ottimi risultati si può, anche senza risorse enormi. Certo, è più difficile. Serve seguire un’idea di calcio precisa, prendere i giocatori giusti, saper vendere ma soprattutto rimpiazzare giocatori importanti che possono andar via. Cosa che qui non sempre è successo, anzi. Perché dopo Chiesa è arrivato Callejon, dopo Vlahovic Cabral e Jovic, dopo Torreira Mandragora. Eppure soldi, per altre operazioni, sono stati anche spesi, e parecchi. Compresi diversi assegni da circa 15 milioni (o oltre) per i vari Duncan, Ikonè, Cabral, Dodò, i quasi 25 in totale per Pedro e Lirola (poi rivenduti bene), gli oltre 12 per Pulgar, gli 11 per Kouame, i 4,5 per Kokorin. Insieme ai 24 per Gonzalez e ai 20 per Amrabat, operazioni che potrebbero portare a plusvalenze nel prossimo futuro (anche se sul campo non sempre i due hanno reso secondo le cifre spese). Insomma, se oggi pochi di questi riescono ad essere decisivi (e diversi sono già andati via), il problema non è solo nei soldi e nel gap economico con le altre. Si possono fare buone cose e comprare buoni giocatori anche con il 7° monte ingaggi e con introiti lontani dalle prime in Italia e in Europa.