Il momento della Fiorentina si ripete da tre anni: il desiderio che finisca (di nuovo) tutto in fretta e senza disastri, la voglia di tabula rasa e il bisogno di tornare ad avere ambizioni
Per il terzo anno di fila la Fiorentina si ritrova a dover evitare in extremis la retrocessione. Salvo cataclismi, ci riuscirà di nuovo. Poco importa se questo avverrà per valori tecnici superiori o per via di avversari messi pure peggio. Ad oggi, il baratro è ancora lontano e la Fiorentina ha la fortuna di avere il proprio destino nelle proprie mani. Valori, potenzialità e qualità ci sono. Il calendario non è dei migliori, ma c’è un gap ancora consistente e avversari che non si chiamano Bayern, Real o City. Dipende tutto da sé stessa.
DESIDERIO. Poco importa come e perché tutto ciò sia avvenuto, avvenga o avverrà. Oggi, nelle prossime settimane, come negli ultimi due anni e mezzo. Ciò che accomuna le ultime tre annate viola è quel desiderio di arrivare in fretta al termine della stagione. Ottenere la salvezza, chiudere un capitolo e aprirne uno totalmente nuovo. Un desiderio profondo di buttarsi alle spalle mesi e mesi di errori, toppe peggiori del buco e avvilimenti vari. Una smania di intravedere il traguardo e poter urlare “terra!”, dopo una traversata in mezzo a mille tempeste. E con nessuna voglia di raccontarla. Paura ed ansia sono concetti che fanno parte del genere umano. Parti non per forza negative quando permettono di drizzare le antenne dinanzi ad un pericolo e di affrontare tale situazione al meglio. Quando queste si protraggono nel tempo, invece, diventano patologie. E convivere con queste sensazioni per tre anni di fila, come sta accadendo a chi ha a cuore le sorti della Fiorentina, è annoverabile al secondo caso.
VOGLIA. Da qui il bisogno di arrivare in fretta a quel traguardo, ma soprattutto la voglia di resettare tutto e ripartire. Tabula rasa, dopo aver analizzato al meglio chi, perché, dove e quando si sono commessi degli errori. Perché se cambiano gli allenatori e i contesti ma non i risultati, evidentemente, qualcuno ha sbagliato. Che sia il direttore sportivo, che sia il presidente o che siano i giocatori. C’è un gran bisogno di aria nuova. Un anno di transizione con rischi annessi ci sta, anche due. A patto che si intravedano prospettive e si impari dagli sbagli compiuti. Questo è l’ennesimo momento di stare tutti uniti, spingere la squadra alla salvezza e poi ripartire.
AMBIZIONE. Ci vuole tempo per arrivare (ritornare) in alto? Sì. Pazienza? Anche. Programmazione? Soprattutto. Intravederla, intanto, sarebbe già un passo in avanti. Solo una volta arrivati in fondo, possibilmente senza amari epiloghi, la tristezza e la paura lasceranno di nuovo il posto a quel sano bisogno di tornare ad ambire a qualcosa. Senza sogni non si vive, al massimo si sopravvive. Un bisogno che andrà coltivato, alimentato e non stroncato come accaduto la scorsa estate. E che dovrà spazzar via il timore di ritrovarsi, di lì a breve, di nuovo immersi in sentimenti e sensazioni come quelle attuali. E dell’anno prima. E dell’anno prima ancora.

Di
Gianluca Bigiotti