L’ex tecnico del Sassuolo, ora allo Shakhtar, parla della sua scelta di andare in Ucraina ma anche di calcio italiano
Roberto De Zerbi, tecnico ex Sassuolo ora allo Shakhtar, ha parlato al Corriere dello Sport. Ecco alcune sue parole: «Sono fuori di casa da quando avevo quindici anni e a 42 non sono ancora rientrato. Ne porto i segni. Ho dato e continuo a dare tutto me stesso al calcio e mi sono perso il resto. Il calcio procura vantaggi economici che pochi altri lavori possono offrire, e gratificazioni, notorietà, opportunità. Tutto si paga, però, e il prezzo è elevatissimo. La famiglia ne risente, e trascuri gli amici, hai preso strade diverse, di costante assenza, sei uscito dalla tua comunità. L’ho accettato prima ancora di volerlo. Per passione, la passione è il motore. Per questo mi sta sui coglioni chi il pallone lo sfrutta».
UCRAINA. «Avevo bisogno di questa esperienza. Quella di Sassuolo si era esaurita naturalmente, sapevo che non avrei potuto dare di più. Volevo misurarmi con realtà nuove, con uno spogliatoio multilingue, con la Champions, le 8 partite da preparare e giocare in venticinque giorni. Avevo la necessità e il desiderio di affrontare difficoltà maggiori. Non è stato semplice lasciare Sassuolo, persone alle quali sono molto legato, io mi affeziono alla gente più che ai luoghi. Le difficoltà le sto effettivamente incontrando, ci sono momenti in cui faccio fatica e mi domando chi cazzo me l’abbia fatto fare. Però, quando mi fermo a riflettere, concludo che era quello che cercavo».
BERARDI. «La personalità, come si è imposto in Nazionale. Ragazzo d’oro, Domenico. Un introverso, silenzioso, chiuso, avrebbe potuto fare una carriera diversa, per le qualità che possiede, se soltanto l’avesse voluto. A Roma durante gli Europei ha fatto benissimo e nella finale di Wembley è entrato dopo poco meno di un’ora, è andato per primo sul dischetto e ha dimostrato di avere il carattere del protagonista, quello che chiedo sempre ai miei. Mi batto per far capire che non è importante andare in Nazionale, importante è farlo da protagonisti. Berardi mi ha sorpreso più di Loca».
‘STRAPPO’. «Sono le caratteristiche dei giocatori che fanno e faranno sempre più la differenza. Il motore, la cilindrata, la tenuta». Cosa intendi per cilindrata? «Lo strappo. Giocando contro Genk e Monaco ho trovato gente con accelerazioni da 40 metri in campo aperto. Lo strappo in Italia ce l’hanno Berardi, Castrovilli, Djuricic, Boga, Felipe Anderson, Mkhitaryan. Ce l’ha Zaniolo. Tu puoi anche essere organizzatissimo, ma quello che parte e prende 5 metri al difendente scombussola tutti i piani».
Di
Redazione LaViola.it