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De Sisti, l’aneddoto di Chieti del 1984: “Quel giorno un dolore lancinante…”

De Sisti

L’indimenticato ex viola racconta un aneddoto a Il Centro di qualche anno fa

Nello sfogliare l’album dei ricordi in occasione della festa per gli 80 anni compiuti recentemente, Giancarlo De Sisti, romano del Quadraro, ex centrocampista della Roma, della Fiorentina e della Nazionale, vice campione del mondo nel 1970, ha ricordato un episodio che lo lega all’Abruzzo. Era l’estate del 1984 e lui era alla guida della Fiorentina. Dopo lo scudetto perso all’ultima giornata con la Juve di Brady. Era agosto e «per un’intera settimana avevo mal di testa. Lo imputavo al sole preso a bordo della mia Golf cabriolet nel tragitto da Roma a Firenze. Un dolore lancinante. E la domenica giocavamo in coppa Italia a Pescara. Arriviamo a Chieti, in ritiro. La domenica pomeriggio ricordo che ero con Iachini a vedere la Formula 1, discutevamo della Ferrari e di Alboreto. Poi, vado in camera a fare la valigia prima di andare allo stadio per la gara della sera. Il dolore è sempre più forte e chiamo il medico sociale il quale si mette in contatto con il compianto professor Leonardo Vecchiet all’ospedale di Chieti. I due parlano, poi si decise di trasferirmi ad Ancona dove mi avrebbe aspettato il professor Caruselli per l’operazione. E fu lui a salvarmi la vita. Ovviamente, non andai in panchina quella sera. E ricordo il viaggio da Chieti ad Ancona a bordo di una Citroen e il percorso pieno di buche. Avevo mal di testa e con quelle buche mi sembrava di impazzire».

Ma che cos’era accaduto?
«Era partito da un ascesso dentale che con il passare del tempo e dei giorni era diventato ascesso cerebrale con pus e tutto il resto a complicare il quadro clinico. Diciamo che sono arrivato a un quarto d’ora dagli alberi pizzuti».

Sarebbero?
«I pini che sono al cimitero. Quello fu un episodio cruciale della mia carriera di allenatore, perché poi le cose cambiarono in me e in chi stava con me e che mi vedeva in maniera diversa. I medici dicevano che dovevo fermarmi sei mesi. Il presidente Pontello voleva affiancarmi Valcareggi, per me come un padre putativo. Ma non potevo accettare balie e me ne andai».

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