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Rassegna Stampa

De Ponti sul Corriere Fiorentino: “Caro Moise, sei in buona compagnia”

Moise Kean - Fiorentina

Dagli insulti a Kean all’intolleranza diffusa: un problema che l’Italia non riesce a superare

Roberto De Ponti, nel suo editoriale pubblicato sul Corriere Fiorentino, ha colto con lucidità e amarezza un tema che purtroppo resta attuale: il razzismo nello sport e nella società italiana. “Ancora, nel 2025…” scrive, con un rammarico che non può non essere condiviso. Moise Kean, attaccante della Fiorentina e della Nazionale italiana, ne è stato vittima lunedì sera, quando il suo profilo Instagram è stato invaso da insulti razzisti. “Li ha messi giustamente ed elegantemente alla gogna, Kean, nickname e nomi falsi compresi, in una storia in cui ‘scimmia’ era l’epiteto più gentile“. Un’ondata di odio inaccettabile, eppure ancora presente.

De Ponti si interroga, e con lui molti di noi: “E purtroppo sì, caro Moise: ancora, nel 2025, siamo qui a chiederci come sia possibile che qualcuno si senta in diritto di insultare qualcuno per il colore della pelle“. La realtà, tristemente, racconta di un Paese in cui l’ignoranza cresce e in cui il razzismo viene spesso minimizzato, se non giustificato. Episodi come quello di una madre sugli spalti di una palestra che grida “sei una scimmia” a una giovane giocatrice, salvo poi peggiorare la situazione tentando una goffa giustificazione, sono solo esempi di una mentalità ancora radicata. “L’Italia è il Paese in cui dalle tribune di uno stadio possono levarsi ‘buuuh’ in direzione di un avversario di colore ma no, non è mica razzismo, nella nostra squadra ci sono tanti neri e mica li insultiamo, anzi facciamo il tifo per loro“.

Il quadro si fa ancora più inquietante se si guarda alla politica. “E nella regione in cui vivi da quando ti sei trasferito in viola, caro Moise, tra qualche mese potrebbe candidarsi a governatore un generale dell’esercito che ha teorizzato che ‘una persona che ha i tratti somatici tipici del centro Africa non rappresenta la stragrande maggioranza degli italiani, che invece sono di pelle bianca'”. Un’affermazione rivolta a Paola Egonu, campionessa nera e italiana, ma che tocca anche Kean e tanti altri. Come stupirsi, allora, se esistono ancora “leoni da tastiera” pronti a scrivere che “non esistono negri italiani“?

La Fiorentina ha fatto bene a denunciare i tifosi che si sono scagliati contro Kean solo per aver segnato loro due gol pochi giorni prima. “Bene hanno fatto i tuoi colleghi a dimostrarti solidarietà, bene hanno fatto gli altri club a schierarsi dalla tua parte“. Ma il problema va oltre il singolo episodio: si tratta di una mentalità diffusa, che colpisce chiunque sia considerato “diverso“. “Lo sai che il tuo presidente, Rocco Commisso, non può andare in tribuna a Bergamo perché partono gli insulti? Ha la ‘colpa’ di essere nato in Calabria“. O che “il tuo predecessore, Dusan Vlahovic, si becca dello ‘zingaro’ dai tifosi che prima lo osannavano e ora osannano te?“. Forse è “razzismo selettivo“, ma sempre razzismo resta.

L’amara conclusione dell’editoriale è un monito che pesa come un macigno: “Te lo dicevo, Moise: siamo un Paese così. Ancora, nel 2025“.

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