Come riporta il Qs-La Nazione, c’è una perizia che dice com’è morto il capitano della Fiorentina Davide Astori e c’è anche un’inchiesta che cercherà di stabilirà se qualche segnale di un’anomalia, il cuore del calciatore viola, lo avesse già dato. Ma non sarà più la procura di Udine ad indagare. Bensì quella della sua città adottiva, Firenze, che da quel tragico 4 marzo, vigilia di una partita di campionato, non lo ha mai smesso di piangere.
L’altro ieri, il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo ha ricevuto dal collega di Udine, Antonio De Nicolo, gli atti del fascicolo sul decesso del difensore della Fiorentina. L’ipotesi è omicidio colposo. Al momento non ci sono indagati. Ma non c’è stata un’archiviazione. E questo, per chi mastica la burocrazia giudiziaria, è un sintomo che qualcosa da sviluppare c’è. La perizia, firmata da due super esperti del ramo, il professor Gaetano Thiene e il collega Carlo Moreschi, ha già messo alcuni punti fermi.
Innanzitutto Astori non sarebbe morto per la «bradiaritmia» ipotizzata in principio, ma per una «tachiaritmia». L’esatto contrario, insomma: il cuore del capitano viola avrebbe iniziato a battere ad un ritmo più veloce del normale, un’accelerazione improvvisa che avrebbe quindi portato alla morte. Una morte però non avvenuta nel sonno, come sarebbe potuto verificarsi se l’organo avesse piano piano rallentato fino a spegnersi. I super esperti scrivono anche un’amara realtà: se qualcuno avesse dato l’allarme, se Astori non fosse stato solo e fosse stato soccorso, avrebbe potuto superare la crisi cardiaca scatenata dalla «tachiaritmia».
Nel fascicolo trasmesso a Firenze, oltre agli accertamenti compiuti dopo la morte del calciatore di 31 anni, c’è anche tutta la storia «sanitaria» dell’ex calciatore di Roma e Cagliari, raccontata dalle cartelle cliniche acquisite. Ma sarebbe proprio sugli ultimi controlli effettuati dal calciatore, nell’ambito delle verifiche di routine d’obbligo per la sua professione, che la consulenza della procura del capoluogo friulano avrebbe indirizzato gli ulteriori accertamenti.
«Tra quei tracciati ci poteva essere un segnale», dice De Nicolo prima di passare la palla al suo omologo Creazzo. Aldilà di quelle che saranno le conclusioni di un’inchiesta giudiziaria appena iniziata, resta vivo il dolore per quella sciagura che ha scosso il mondo, non soltanto quello del calcio. Era la mattina di Udinese-Fiorentina, quando, all’appuntamento per la colazione all’hotel «La di Moret», fissato alle 9.30, c’erano tutti i calciatori viola tranne il capitano. Un’assenza insolita, perché Astori era sempre il primo a scendere dalla sua stanza e a dare l’esempio agli altri. L’ultimo che lo aveva salutato, ore prima, era stato il compagno Marco Sportiello.
Avevano parlato nella stanza dell’estremo difensore viola. Dopo la buonanotte, prima di dormire, un messaggino su whatsapp: «Hai dimenticato qui le scarpe». «Tranquillo, le prendo domani mattina». Ma l’indomani, non è mai arrivato per Astori. Prima i cori del gruppo già riunito a tavola, «il capitano paga la multa», tanto era eccezionale quel suo ritardo. Poi gli squilli a vuoto dello smartphone. Infine la decisione di andare a vedere perché il calciatore tardasse, senza avvisare.
Per la morte di Astori si è fermato il campionato di calcio. Per il suo funerale, nella basilica di Santa Croce contornata da una piazza gremita di tifosi e gente comune, c’erano i calciatori di tutta Europa. Da questa tragedia, la Fiorentina ha inanellato una serie di risultati positivi che hanno portato la squadra a lottare fino all’ultimo per un obiettivo che a un certo punto della stagione sembrava neanche ipotizzabile.
Ma il campionato adesso è finito. L’indagine sulla morte del capitano viola no. Non sono in ballo né vittorie, né sconfitte. Solo verità, per un uomo di 31 anni, il padre della piccola Vittoria, il compagno di Francesca, e per tutta la sua famiglia.
Di
Redazione LaViola.it