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Dall’occasione al rischio ‘pacco’. Da Salah-Muriel a Bolatti-Benalouane: migliorare si può, ma non è facile

Giocatori determinanti, meteore, buoni acquisti e veri flop: mercato di riparazione tra intuizioni e scommesse. La Fiorentina deve intervenire, ma negli ultimi anni non è andata sempre benissimo.

Migliorare si può. E si deve. Una grande mano a Beppe Iachini deve arrivare dal mercato di gennaio. Sessione spesso complicata, è vero, a caccia di occasioni e di giocatori che da altre parti non stanno trovando spazio. Per questo, spesso si tratta di scommesse. Ma margine per prendere giocatori che possano dare una svolta alla stagione ce n’è. Così come il rischio di incappare in ‘pacchi’, o ‘sòle‘ come disse Andrea Della Valle qualche anno fa. Da Salah o Muriel a Benalouane o Tino Costa (o Bolatti, Keirrison, Matri), insomma, c’è una bella differenza.

BENALOUANE E IL PUNTO DI NON RITORNO. Già, proprio il difensore ex Leicester rappresenta una delle icone (in negativo) di quello che può essere il mercato di gennaio. Di fatto, il punto di non ritorno della gestione Della Valle. Gennaio 2016, Fiorentina di Sousa in lotta per il primato. Mancava un difensore, Pradè e gli uomini di mercato lo sapevano fin dall’estate (dalla cessione di Savic). A gennaio, dopo le lunghe trattative per Lisandro Lopez e Mammana, arrivò Benalouane, ma non scese mai in campo. “Ci avevano detto che stava bene, ci siamo fidati: era l’ultimo giorno di mercato e non potevamo fare accertamenti clinici approfonditi. Il Leicester lo sapeva, doveva avvertirci”, disse il ds. Insieme al difensore arrivarono anche Tino Costa e Kone a centrocampo, e Zarate e Tello in attacco. L’argentino il suo contributo alla fine lo dette, lo spagnolo risultò invece un ‘fuoco di paglia’ (tanta corsa ma spesso fine a se stessa).

CICLONE MURIEL. Nell’inverno 2017 invece Corvino prese Saponara e Sportiello, operazioni con sguardo al futuro più che sul presente (fu ceduto Zarate). Ma se il portiere è poi stato titolare la stagione successiva (per poi tornare all’Atalanta senza il riscatto), il trequartista (costato 10 milioni) non è mai riuscito ad incidere in viola (se non in qualche partita), e ora è in prestito al Genoa (dove non sta mai giocando). Meglio lo scorso anno, sempre con Pantaleo: con la Viola “a 3 punti dalla Champions prima di Natale” (il mantra ripetuto dall’ex dg) arrivò Luis Muriel, che fece svoltare la squadra tra gennaio e febbraio (salvo poi essere inglobato in una crisi generale senza fine). Il colombiano fece 8 gol e 3 assist nelle prime 11 gare, un impatto devastante (9 gol in 23 gare poi il bilancio finale) con reti e giocate spettacolari. Con lui arrivò anche Terracciano, oltre che Zurkowski e Rasmussen poi lasciati in prestito in Polonia e all’Empoli. L’anno prima (gennaio 2018) arrivarono invece Dabo (al posto di Carlos Sanchez) in mezzo al campo e Falcinelli nell’operazione che portò Babacar al Sassuolo.

DEVASTANTE (E ILLUSORIO). Tornando agli inverni di Pradè, a gennaio 2015 si ricorda la cessione di Cuadrado al Chelsea con l’arrivo contestuale di Salah. Nei fatti, il miglior acquisto invernale degli ultimi anni della Fiorentina. Anche se, come per Muriel, una gioia durata solo sei mesi. ‘Colpa’ di quella scrittura privata, che portò anche alla causa con il Chelsea. L’egiziano, ora tra i migliori del mondo con il Liverpool, segnò 9 gol (con 4 assist) in 26 partite, trascinando la Fiorentina in semifinale di Europa League e al 4° posto in campionato, con quella doppietta esaltante e illusoria a Torino nell’andata della semifinale di Coppa Italia contro la Juve (che poi vinse 3-0 il ritorno al Franchi). Quel gennaio arrivarono anche Gilardino e Diamanti, preziosi innesti, oltre a Rosati e Rosi.

GLI ANNI DI PRADE’. L’anno prima, 2014, con la Fiorentina in lotta per il 3° posto e alle prese con i pesanti e lunghi infortuni di Rossi e Gomez, arrivò Matri per ‘rinforzare’ l’attacco. Un impatto decisamente negativo, con diversi gol sbagliati e il grosso rimpianto per aver giocato la finale di Coppa Italia con il Napoli praticamente senza attacco. Arrivarono anche Anderson (grandi aspettative, rendimento flop), Diakite e Rosati. Mentre nel 2013, al primo anno di Montella, Pradè pensò soprattutto al futuro, con la Fiorentina che viaggiava e sorprendeva in Italia: investimento pesante su Giuseppe Rossi, l’arrivo di Wolski e soprattutto Vecino. Come giocatori di esperienza arrivarono Sissoko (lontano dai tempi della Juve) e Compper, mentre in attacco Larrondo: non il massimo per una Viola che sfiorò la Champions.

SALVEZZA E CHAMPIONS. Più indietro nel tempo, si ricorderanno Amauri e Ruben Olivera nel gennaio 2012, con la Viola di Delio Rossi che poi rischiò la retrocessione (erano stati ceduti Gilardino, Santiago Silva e Munari), mentre a gennaio 2011 a Mihajlovic Corvino prese Neto e Behrami. L’anno prima, con la Viola di Prandelli agli Ottavi di Champions dopo il grandioso girone, altre delusioni: arrivarono Bolatti, Felipe, Keirrison, Ljajic e Seferovic, il tutto con le partenze di due pilastri dello spogliatoio come Dainelli e Jorgensen. La Fiorentina, di lì a poco, inevitabilmente crollò.

PUNTE. Nel gennaio 2009, invece, partirono Pazzini e Osvaldo e arrivò Bonazzoli, un anno prima dentro Cacia, Da Costa e Papa Waigo e fuori Pazienza e Balzaretti, mentre nel 2007 arrivò Kuzmanovic. Al primo inverno con Prandelli (gennaio 2006) furono acquistati Kroldrup, Jimenez e Lobont. Carrellata che termina a gennaio 2005, il primo dopo il ritorno in A, quando a Firenze arrivarono Pazzini, Donadel e… Bojinov. Già, il bulgaro che fu ceduto da Corvino (allora direttore al Lecce) ai viola per circa 14 milioni di euro. Un affare… soprattutto per i pugliesi.

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