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Dall’arresto al trionfo in Copa América fino a Firenze. Il difficile percorso del Duque di Antofagasta

Ripercorriamo la storia di Erick Pulgar, nuovo centrocampista della Fiorentina che prima di arrivare in Italia ha dovuto superare diverse difficoltà

Come nel 2012 per ricostruire il centrocampo della Fiorentina, Daniele Pradè ha deciso di affidarsi a un cileno. In principio c’erano Mati Fernández e soprattutto Pizarro, stavolta toccherà a Erick Pulgar dare geometrie ed equilibrio alla formazione dell’Aeroplanino.

A primo impatto il classe 1994 lo si nota per i tanti tatuaggi presenti sul suo corpo che nascondono le cicatrici, figlie delle tante partite giocate nei potreros di Antogafasta, la sua città natale soprannominata anche ‘La perla del Nord’. Cicatrici fisiche ma non solo, perché per la figura del Cile nell’ultima Copa América, le cose non sono andate sempre così bene. Cresciuto dalla madre Karina, dal patrigno Pablo Araya, insieme a quattro fratelli minori, molte volte nelle giovanili dell’Antofagasta capitava di trascorrere 3 o 4 giorni senza mangiare, e anche per questo veniva chiamato El Flaco.

All’età di 18 anni è stato arrestato per aver investito e ucciso il sessantaseienne Daniel Ampuero Carvajal, e per essere fuggito subito dopo. Tuttavia gli è stata ridotta la pena per l’impeccabile condotta tenuta in precedenza, e se l’è cavata con la sola sospensione della patente per un anno. Dopo quell’episodio è tornato subito ad allenarsi, perché se fosse rimasto rinchiuso in casa sarebbe stato peggio:

“Profe, apprezzo il tuo sostegno. Non mi diverto ma, per lo stesso motivo, preferisco venire ad allenarmi. Sarebbe peggio se rimanessi in casa. Ora più che mai tutto ciò che voglio è stare in campo” disse Pulgar all’allenatore dell’epoca, Gustavo Huerta.

Nel 2017 invece, quando già militava nel Bologna, è stato coinvolto in una rissa in discoteca nella capitale cilena, con un membro del suo gruppo che ha estratto una pistola e ha sparato in aria. Ma chi lo conosce lo descrive come un ragazzo silenzioso, un introverso, un aspetto che si è rivisto anche nella sua conferenza stampa di presentazione in viola.

La sua carriera ha conosciuto una svolta sensibile quando nel 2015 all’Universidad Católica, l’allenatore Mario Salas lo ha spostato da difensore centrale a centrocampista davanti alla difesa.

Quando sono arrivato alla Católica, lui c’era già. Quello che ho fatto è stato spostarlo più avanti, come volante di contenimento, ma con compiti diversi da quelli attuali. Il grande rendimento di Pulgar per ciò che ha fatto al Bologna e in Nazionale è merito dei suoi allenatori in Italia e del ct Rueda. Mi ha piacevolmente sorpreso” ha detto l’attuale allenatore del Colo Colo qualche settimana fa durante la Copa América. Dopo una stagione da protagonista con il Bologna, proprio nel torneo in terra brasiliana, Pulgar si è fatto conoscere a livello internazionale, anche se aveva già vinto l’edizione del Centenario nel 2016.

Le sue recenti prestazioni positive hanno fatto si che il popolo cileno gli assegnasse il soprannome di El Duque, ovvero il ‘duca’, dato che gli altri due centrocampisti della Roja sono attualmente El Rey Arturo Vidal ed El Principito Charles Aránguiz. Inoltre, ad Antofagasta l’artista colombiano Liuman Diaz ha dipinto un murales in suo onore nel barrio di Villa Constancia, dove è cresciuto Erick. Nel dipinto è raffigurato Pulgar che alza la Copa América Centenario e una bambina, Florencia, conosciuta dal giocatore e scomparsa all’età di tre anni per una negligenza dell’ospedale in cui era in cura. Forse anche per questo Pulgar ha deciso di proseguire la sua carriera e realizzare i propri sogni a Firenze: perché come recita il murales ‘se puoi sognarlo, puoi realizzarlo’.

 

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