 
																												
														
														
													Contro l’Atalanta per la proprietà della Fiorentina vale di più, non solo per la classifica. Quante tensioni con i bergamaschi e con Gasperini.
Tanto apprezzata, a livello sportivo, quanto ‘mal digerita’, per tutto il resto. La Fiorentina si ritrova dinanzi l’Atalanta, in una gara che per Rocco Commisso conta di più.
POLEMICHE, INSULTI E MINACCE. “Dagli spalti mi hanno gridato figlio di p… più volte – disse l’allenatore dei bergamaschi Gian Piero Gasperini dopo la gara di Coppa Italia-. Lo saranno loro, mia madre ha fatto la guerra. Non accetto questi insulti, questa è una cosa esagerata che va al di là del calcio, un fatto di maleducazione e cafonaggine, un insulto pesante da accettare”. Molto dura fu la replica del patron viola Commisso: “Ho letto e sentito parole molto dure e offensive nei confronti dei tifosi della Fiorentina sia da parte di Gasperini che del presidente Percassi. Prima di parlare dei tifosi delle altre squadre e della nostra in particolare penso sia doveroso guardare cosa succede in casa propria. I tifosi della Fiorentina vanno rispettati”.
Già nella gara di campionato che venne disputata a Parma, antecedente a quella di Coppa Italia, non mancarono le tensioni: “mio figlio e Joe Barone sono stati insultati e anche minacciati in tribuna, ma nessuno ha detto o fatto nulla se non scaricare la colpa al personale di servizio. E ricordo anche il brutto episodio dei cori razzisti contro Dalbert. I commenti in casa Atalanta – ha evidenziato Commisso – non sono stati di forte condanna”. Altre frecciate si sono succedute nei mesi successivi: “in tutte le trasferte della Fiorentina i tifosi avversari sono stati corretti con me, mentre quelli che non voglio nominare direttamente (chiaro il riferimento ai tifosi dell’Atalanta, ndr), per niente, visto che ci sono stati cori razzisti, quindi sono stati i peggiori”.
RIVALSA. Non c’è solo una situazione di classifica brutta ed un bisogno di ritrovare una vittoria che manca da due mesi in casa Fiorentina. Per Rocco Commisso c’è anche la voglia di dare un dispiacere alla Dea, ed al suo tecnico, oltre che al tifo nerazzurro. Perché a lui, le offese non piacciono, tanto più quando ad essere presi di mira sono Barone e suo figlio Joseph, senza particolari levate di scudi di condanna da parte della società nerazzurra per quell’episodio che non è mai stato digerito del tutto.
MODELLO. Il campo, e i risultati ottenuti dalla Dea con un modello gestionale decisamente virtuoso, sono un’altra cosa. Commisso lo ha voluto sottolineare più volte come il ‘modello Atalanta’ deve essere fonte d’ispirazione per chi vuole crescere come la Fiorentina. Ci ha impiegato del tempo, tuttavia, la società di Percassi a divenire la realtà che è oggi. Stesso tempo che il patron viola ha più e più volte chiesto all’ambiente gigliato, perché le intenzioni di scalare le gerarchie c’erano, e ci sono, ma per farlo serve un percorso che non si realizza in pochi mesi.
Un modello in cui si vende a peso d’oro calciatori che altrove non riescono ad esprimersi agli stessi livelli, e si compra a pochi soldi giocatori che poi si rivelano essere delle ‘bombe a mano’. In cui i giovani crescono, e molto, e con spese decisamente inferiori alle big che spesso finiscono dietro in classifica attraverso idee e gioco. Una realtà in cui si riesce a comprare e rifare in pochi mesi lo stadio, a stare tra le migliori sedici d’Europa e si sfiorano imprese, come l’anno scorso sia in Europa che in Serie A, dando anche spettacolo. In pratica ciò che faceva la Fiorentina di Prandelli poco più di dieci anni fa, perché quella del primo Montella faceva lo stesso, ma con costi molto più elevati. Invertire, di nuovo, le forze è ciò a cui ambisce la Fiorentina di Commisso. Per farlo, però, servirà del tempo. Anche se il cammino che tutti si immaginavano, pareva poter essere decisamente meno insidioso.
Domenica, contro l’Atalanta di Gasp, per Commisso e la Fiorentina conta di più.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
																							 
									 
									 
									 
									 
																	 
														
Di
Gianluca Bigiotti