Rassegna Stampa

Da Saltutti a Fantini, ora Cabral: gli ‘altri’ eroi di Firenze

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Da sempre i tifosi viola hanno applaudito anche chi era meno dotato, ma in campo metteva tutto. Adesso è Cabral ad essere celebrato per il suo atteggiamento

In queste settimane Arthur Cabral, centravanti massiccio come il Monte Morello e macchinoso come il protocollo Var , è entrato prepotentemente nel cuore dei tifosi viola. Potrebbe sembrare un’anomalia, visto che di reti ne ha segnate pochine. Invece è un segnale potente che bene descrive un lato alto del tifo viola. Perché Firenze, da sempre, ha una riserva di affetto speciale per quei calciatori non baciati dal dio della grazia che però in campo danno l’impressione di difendere i suoi colori con un surplus di passione e di impegno. Quei calciatori senza mai una parola o un atteggiamento sopra le righe, che sentono la forza del gruppo ed esultano senza finzione ai gol dei compagni, anche se, come Jovic, giocano nello stesso ruolo. Così scrive Stefano Cecchi su La Nazione.

DA SALTUTTI A FANTINI. Quei calciatori, insomma, che non vedono Firenze come un trampolino di lancio ma la ritengono luogo del cuore degno di rispetto. Giocatori, per capirci, come Nello Saltutti, attaccante agile che sotto porta ogni tanto si smarriva, ma che i tifosi per le serpentine insistite chiamavano «Saltatutti». Poco dopo ci fu un altro calciatore di stoffa grezza, Dino Pagliari. Correva tanto e segnava poco Dinone, ma sembrando una promessa di bello e di pulito in un tempo dove il grigio abbondava, dalla curva invocavano in coro la sua lode. Anche Enrico Fantini non aveva la classe dei predestinati, ma da quel giorno che col Perugia salì in cielo per battere Kalac e riportare la Fiorentina in A, non c’è cuore viola che non ripensi a lui con tenerezza.

GREGARI. E poi i faticatori di centrocampo dal destino gregario. Restelli, che con le sue rincorse consentiva ad Antognoni di meravigliare calcio; Beppe Iachini, che picchiava chiunque gli sfilasse accanto coi colori avversi; Rossitto, eroe a Wembley, e Bressan, al quale per riconoscenza il dio del calcio concesse un giorno col Barcellona un gol da cineteca. Un tifo di chi pensa che l’applauso lo meritino anche i figli di un dio minore del calcio che provano a colmare il gap del talento con l’impegno e la volontà. Per questo volere oggi bene a Cabral è il segno distintivo di una grandezza.

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