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Da Montolivo a Neto fino a Badelj. E quei fischi per i non rinnovandi che diventano poi inevitabili

In principio fu Riccardo Montolivo. Poi venne il turno di Norberto Neto, fino ad arrivare a Milan Badelj. Tutti accomunati da un minimo comune denominatore: la mancanza di volontà di rinnovare il contratto ma comunque considerati dai rispettivi allenatori indispensabili per il gioco della Fiorentina. Fu così per l’ormai centrocampista rossonero, che in un campionato in cui nulla funzionava e con la B ad un passo iniziò la stagione da degradato, con tutte le polemiche che ne scaturirono per la fascia da capitano tolta dalla società senza consultare lo spogliatoio, con l’ormai celebre “la farsa è finita” di Mario Cognigni a campionato appena iniziato, per un’annata che fu piena di bordate di fischi da parte del pubblico amico. Fino a Norberto Neto. La gara di Parma alla ripresa dalla sosta natalizia nel secondo Montella fu l’inizio della presa di mira da parte del tifo viola, col brasiliano messo ai margini da Montella che però poi dovette difendere i pali nel finale di stagione tra un malumore e l’altro causa ko di Tatarusanu. Il tutto fino ad arrivare a Milan Badelj. Uno dei perni del gioco di Paulo Sousa nel primo semestre da urlo di quella Fiorentina. Poi dall’infortunio a fine gennaio ad oggi non è più stato lo stesso giocatore. Almeno a Firenze perché all’Europeo ha fatto anche un’ottima figura con la sua Croazia.

E ieri per lui bordata di fischi. Inevitabile dopo un lungo e continuo lavoro di destabilizzazione da parte del suo entourage. Partendo da un mancato pagamento di una commissione per il suo passaggio in viola dall’Amburgo, fino alle continue dichiarazioni di non volontà di rinnovare, arrivando alle voci sempre più insistenti sul Milan con anche un lungo conciliabolo con lo stesso tecnico rossonero Vincenzo Montella in occasione della gara del Franchi contro il Milan di qualche settimana fa (LEGGI QUI).

Inevitabile che il Franchi prima o poi iniziasse a mugugnare. E le strade adesso sono due soltanto: o tentare di rinnovare, oppure cedere a Gennaio al miglior offerente. Ma una posizione chiara la società dovrà prenderla assolutamente. Il rendimento del croato è decisamente sotto i suoi standard, e o cambia lui, o cambia idee chi lo deve mandare in campo su input societario. Sul modo di gestire i rinnovi di contratto, invece, neanche l’avvicendamento Corvino-Pradè ha cambiato in sostanza le cose. Il tempismo non è mai quello giusto. Così la Fiorentina si ritrova in casa un giocatore scontento che voleva partire in estate, un procuratore che destabilizza, un tecnico che lo considera una pedina chiave ed un pubblico che difficilmente lo ricoprirà di applausi da qui fino a quando non verrà fatta chiarezza sul suo futuro. Attraverso i fatti, però. E non a parole. Quelle le porta via il vento. O una bordata, di fischi.

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