In estate era tra i sicuri partenti: poi per motivi di lista è rimasto ed è stato reinventato centrale. Ora si è preso la sua rivincita
A volte è anche dai particolari che si giudica un giocatore. E quei due episodi nei primi muniti di gara con la Juventus erano stati premonitori. Un’entrata maschia su Di Maria, quindi un faccia a faccia elettrico con Vlahovic, a rivelare che quella partita lui la sentiva eccome. E forse non è un caso che alla fine proprio lui sia risultato il migliore dei viola. In una gara segnata dai centimetri, dalla tecnica ma anche dal carattere (o dall’assenza di questo). Sì, Juventus-Fiorentina per Luca Ranieri è stata un po’ la partita dell’orgoglio e della rivincita. Scrive Cecchi su La Nazione.
L’orgoglio di chi sente il peso di vestire il viola nella sfida con la rivale di sempre, visto che il viola è stato il colore della sua maglia fin dalle giovanili. La rivincita verso chi, ancora qualche settimana fa, lo considerava quasi un esubero. Un giocatore rimasto a Firenze in virtù di contingenze astrali e non per una scelta tecnica. Qualcosa che fa onore a lui e al suo modo di vivere il calcio. Spezzino, classe 1999, Ranieri a tirare pallonate ha iniziato giovanissimo in una squadra di quartiere, il Canaletto Sepor, insieme a un altro ragazzo destinato a una certa fama. Ovvero a Nicolò Zaniolo, compagno di classe alle elementari.
«E’ un fratello per me», dice ancora ancora oggi Luca di lui. Ma i fratelli non è detto debbano avere lo stesso carattere. Anzi. E che il carattere del difensore abbia tutt’altro spessore rispetto a quello del fantasista oggi in Turchia, lo si vede fin dalle giovanili viola. Dove i due approdano insieme. Mentre l’irrequieto Zaniolo se ne va quasi subito, Ranieri rimane a lungo, divenendo uno dei punti di forza della squadra. «Sarà il nuovo Pasqual», dicono i tecnici apprezzandone il mancino educato e le sgroppate sull’out sinistro. Le vie del calcio, però, sono infinite. E le sue, dopo qualche timida apparizione in prima squadra con Sousa e poi con Montella, lo portano altrove. Foggia, Ascoli, Spal quindi Salerno, dove pur giocando con continuità non viene riscattato.
Quando l’estate scorsa si ritrova di nuovo in viola, tutti pensano sia un fatto momentaneo: «Non è da Fiorentina», sussurrano
Invece le strade imperscrutabili del mercato alla fine lo lasciano a Firenze. Come quarto centrale difensivo dopo Milenkovic, Igor e Quarta. Uno, insomma, che nei piani non dovrebbe giocare mai. Ma il calcio è anche il luogo delle opportunità inaspettate. Così Italiano, forse apprezzandone l’impegno in allenamento, a sorpresa prima lo schiera titolare all’Olimpico con la Lazio, quindi gli conferma la fiducia con la Juve. «Italiano è impazzito», pensano in molti.
Invece lui, che da agosto a oggi non ha mai mollato nonostante i dubbi dell’ambiente, ripaga la scelta con due prestazioni impeccabili. Al punto che se domani a Braga dovesse essere titolare, nessuno direbbe «Italiano è impazzito». Una sua vittoria. E di chi ancora ama uno sport a misura di uomo. Dove forza di volontà e senso della disciplina possano compensare limiti tecnici. E perfino la tormenta a sfavore della sfiducia.
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Redazione LaViola.it