A Firenze i simboli sono sempre stati amati. Pensate al Calcio storico, ai figuranti, agli sbandieratori, pensate anche a quelli calcistici, ad Antognoni e a Batistuta, per fare i due veri e giganteschi esempi. Entrambi ancora «sventolano», per l’unico capitano, Giancarlo, il bandierone che recita: «Onora il padre». Per Gabriel addirittura la statua portata sotto la curva Fiesole e realizzata per gli ultrà dai maestri viareggini. E loro eternamente legati, con il sangue. Antognoni non ne ha mai fatto mistero: «Il mio scudetto è stato l’amore della gente…». Ha ragione, oggi l’amore è lo stesso di sempre, anche come dirigente. Nelle scorse ore anche Batistuta ha voluto rispondere a quell’immenso affetto per Bati-gol e la sua mitraglietta: «Il mio miglior gol? Non saprei sceglierne uno. Il miglior portiere che abbia affrontato? Toldo. La miglior decisione presa? Restare alla Fiorentina per 10 anni…».
Gabriel è come Firenze, non dimentica. Lui eternamente schivo, che non cercava mai di «arruffianarsi» la gente. Se Antognoni è l’unico 10, Gabriel è il 9, re del gol. Senza dimenticarsi che fu lui, tanti anni fa a dire: «Per rispetto di Firenze non andrei mai alla Juve». Le stesse parole di Giancarlo. «Vincere a Firenze, anche la Coppa Italia o la Supercoppa di Lega vale dieci, venti, cento volte più che in altri club…».
Di
Redazione LaViola.it