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Cremonese-Fiorentina è la partita di Mondonico. La figlia Clara: “Sì, è come una favola”

Le parole di Clara Mondonico in vista della semifinale di Coppa Italia, che vede affrontarsi due squadre a cui Emiliano era legatissimo

Intervista del Corriere Fiorentino a Clara, figlia di Emiliano Mondonico, ex tecnico della Fiorentina e storico ex calciatore della Cremonese scomparso nel 2018.

Clara, mercoledì si gioca Cremonese-Fiorentina, una sfida che è facile definire la partita del Mondo. La squadra del suo inizio contro quella del cuore…

«Sono già emozionata al pensiero. È una specie di favola, voglio credere che in questo incrocio di Coppa Italia ci sia il suo zampino. La ‘Cremo’ fu il suo esordio, da calciatore e da allenatore. Ricordo quando andavo allo Zini, c’era una sola segretaria e un solo dottore che dovevano pensare a tutto. Altri tempi. Mio padre allenò Vialli, a me i tifosi regalarono pure la prima bici. Dall’altra parte poi c’è la Fiorentina, la squadra che ama da sempre. Uso il presente perché son sicura che da lassù continua a tifare. Farò di tutto per essere allo stadio, di certo mio padre ci sarebbe andato eccome. Mercoledì ho un impegno a Roma ma se non dovessi riuscire a tornare, il mio cuore sarà comunque lì. La Cremonese con me è stata gentilissima anche domenica, mi hanno regalato un mazzo di fiori prima della partita con l’Atalanta mentre lo stadio urlava il nome di mio padre. È stato bellissimo».

Emiliano ha sempre avuto la tessera del Viola Club 7Bello. La conserva ancora?

«La sua e pure la mia. Sì perché da quando è morto hanno iscritto pure me, di padre in figlia insomma. Non passa anno in cui non mi chiamino, Firenze è nel mio cuore ma direi che ormai è entrata a far parte di tutta la nostra famiglia. Pensi che Gaia, mia nipote di 11 anni, per il funerale del nonno volle vestirsi tutta di viola, scarpe e spilletta comprese. Era il suo modo per rendergli onore. Le ho già promesso che la porterò allo stadio per il prossimo Fiorentina-Torino: c’è il gemellaggio, non voglio che senta volare offese e urlacci».

Lei, da avvocato, ha seguito spesso le vicende professionali di suo padre. Ci racconta un aneddoto?

«In realtà lui è sempre stato l’avvocato di sé stesso, io semmai ero la sua agenda. Ricordo quando lo chiamò Della Valle, era completamente nel pallone. “Fammi la valigia, che devo metterci? Come mi vesto?”. Sembrava un bambino da come era emozionato. Gli infilai una camicia dentro la valigia, fortuna che non scelsero l’allenatore per l’abbigliamento… Il giorno più felice della sua carriera fu la promozione della Fiorentina in serie A. La foto simbolo è quella testa a testa con Riganò, lui voleva lasciare che fosse la squadra a prendersi gli applausi. Non l’avevo mai visto così felice, fu come toccare il cielo con un dito perché per la Fiorentina avrebbe fatto qualunque cosa. Quella storia finì come finì, ma niente potrà cambiare quella gioia. A distanza di anni posso dire che forse qualcuno si è pentito delle critiche che gli ha fatto».

Lei è anche presidente dell’associazione che porta il nome di suo padre. Progetti?

«Tanti. Il 14 aprile porterò al campo dell’oratorio tutti i ragazzi delle scuole medie della zona, compresi disabili e ciechi. Sarà una enorme partita senza vincitore, nella quale l’unico obiettivo sarà prendere consapevolezza che nella vita i problemi non sono l’Iphone nuovo. Ho anche una squadra di ragazzi con la sindrome di Down. L’altro giorno mi son fatta 300 chilometri per andare a vederli, ma ne valeva la pena. Per me e per la memoria di mio padre. Poi però torno sempre a Rivolta, perché, come diceva lui, quando vedi il campanile significa che siamo a casa. Quella cascina per me è tutto. Non la mollerò mai».

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