Rassegna Stampa
Corvino: “Su Vlahovic troppe critiche. A Firenze dovevo cacciarlo dal campo di allenamento”
L’ex ds viola, che portò Vlahovic a Firenze: “Verso di lui troppe critiche. Ha sempre dimostrato una voglia smodata di imparare e migliorarsi”
L’ex direttore sportivo viola Pantaleo Corvino, oggi al Lecce, è stato intervistato da Tuttosport in occasione degli 80 anni del giornale. Il dirigente ha affrontato diversi temi, a partire dagli episodi che più gli hanno cambiato la vita: “Da dirigente mi è capitato di affrontare diversi momenti complessi. Due in particolare mi hanno cambiato la vita: parlo delle morti di Davide Astori e Graziano Fiorita. Quando accadono queste tragedie è davvero difficile riuscire a voltare pagina. Ti rendi conto del valore delle cose. E il calcio non può che passare in secondo piano. Due ferite che resteranno per sempre aperte…“.
IL RITORNO A LECCE. “Sono tornato qui dopo le esperienze a Firenze e Bologna perché il presidente Sticchi Damiani aveva bisogno di me in un momento in cui la squadra era tornata in Serie B. Mi chiese anzitutto di riportare stabilità economica, di rendere il club sostenibile. Poi i risultati hanno superato qualsiasi tipo di aspettativa a livello sportivo e finanziario. La consideravo una sfida con me stesso. Volevo che il territorio fosse orgoglioso della sua squadra. E così mi sono imposto di riportarla dove l’avevo lasciata. È un orgoglio per me vedere come stia crescendo il club giorno dopo giorno. Da poco è anche partito il progetto per il nostro centro sportivo: al rientro dal ritiro i giocatori potranno già allenarsi su uno dei nuovi campi che stiamo costruendo“.
COME COLMARE IL GAP. “Con le idee. Bisogna essere virtuosi per dare continuità ai risultati del nostro club“.
FINE DI UN CICLO. “Ogni squadra, prima o poi, si ritrova inevitabilmente alla fine di un ciclo. È successo a me alla Fiorentina, dopo quattro qualificazioni in Europa, e sta succedendo in questi anni alla Juventus. Questo comporta delle turbolenze fisiologiche che richiedono un certo tipo di gestione“.
LE SCOPERTE. “Sto per entrare nel mio cinquantesimo anno da direttore sportivo, eppure il mio metodo è rimasto sostanzialmente lo stesso, perché continua a darmi grandi soddisfazioni. Certo, mi sono aggiornato: nel 2025 il mercato ormai si fa anche con l’ausilio delle tecnologie. Li ritengo degli strumenti utili, ma resto sempre dell’idea che nulla potrà mai sostituire l’occhio umano. Il talento va toccato con mano. Io poi non mi avvalgo di una grande rete di scouting: ho una persona che mi aiuta per il settore giovanile e un’altra per la prima squadra. E questo sempre in virtù di quella sostenibilità di cui parlavamo prima. Mi fido molto delle mie conoscenze…“. La prima cosa che guardo in un giocatore? “Direi la destrezza, la facilità con cui compie i gesti tecnici. Poi dopo vengono il resto degli aspetti, a cominciare dalla fisicità, dalla componente muscolare…“.
HJULMAND. “La prima volta che l’ho visto? Me lo ricordo bene: il suo Admira era impegnato con il Rapid Vienna. All’epoca non giocava nel ruolo che avevo in mente per lui. Avevamo bisogno di un regista da piazzare davanti alla difesa, e sapevo che non mi avrebbe deluso. Lo capii dal modo in cui toccava la palla”. “Se ho mai avuto dubbi su di lui? Assolutamente no. Sapevo che aveva bisogno di tempo per adattarsi al nuovo ruolo. Da piccolo ho giocato anch’io davanti alla difesa, così cercavo di dargli qualche consiglio basico, esortandolo a restare dietro la linea della palla e giocare sempre in verticale“. Il suo punto di forza? “È un ragazzo straordinario sotto tutti i punti di vista. Un leader nato. A Lecce lottiamo ogni anno per la salvezza: un traguardo che inevitabilmente richiede una certa dose di sofferenza. Capitava spesso che mi vedesse preoccupato o incazzato, e allora veniva da me a tranquillizzarmi. Mi diceva di stare tranquillo e che insieme ai compagni avrebbe risolto ogni guaio. Aveva personalità e determinazione“.
VLAHOVIC. “Un’operazione di cui vado ancora oggi orgoglioso. Quello che posso dire è che le critiche servono sempre, perché ti stimolano a migliorarti. Ma se analizzo il suo caso, mi sembra davvero esagerata la mole di rimproveri che gli sono stati rivolti. La Juve sta cercando di ricreare i presupposti per tornare a vincere, e credo che Vlahovic abbia contribuito in questo senso. Basta vedere il numero di reti che ha fatto: dal suo arrivo ha segnato sempre un gol ogni 2/3 partite. Come si fa a chiedergli di più?! È difficile trovare un attaccante più prolifico in una fase di ricostruzione simile. Ma poi parliamo di un ragazzo giovane…“. Le critiche ne hanno frenato l’ascesa? “Certo! Ma sarebbe stato così per chiunque. Lui ha sempre dimostrato una voglia smodata di imparare e migliorarsi. Quando lavoravo alla Fiorentina il mio ufficio dava sul campo di allenamento e mi capitava di vederlo a fine seduta allenarsi da solo contro il muro. Una roba che non ho mai visto fare a nessuno. Dovevo cacciarlo dal campo altrimenti sarebbe rimasto lì fino a notte. Gli urlavo dalla finestra di smetterla e di andare a cambiarsi. Le critiche oggi hanno davvero superato ogni limite. E questo mi dispiace. Cosa farei ora fossi in lui? Non spetta a me giudicare. Credo che la Juve sappia bene cosa fare. Ora è arrivato Modesto, un dt che stimo molto. Sono sicuro che in bianconero farà bene”.