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CorSport: Cesare, la forza della debolezza. Escluso in un mondo che non sente più suo

Prandelli

La lettura delle parole di Prandelli, la sofferenza interiore, le storie tossiche accumulate negli anni. Era cambiato il suo sguardo

E’ una bellissima lettera quella di Cesare Prandelli. Assoluto onore delle armi, sempre, agli uomini che hanno la forza di confessare pubblicamente la loro debolezza. C’è dentro questa bellissima lettera un uomo che ha perso il filo. Un uomo che più non riconosce e sempre meno è riconosciuto. «Sono stanco dentro» aveva detto qualche giorno fa, a fine partita, Cesare, provocando qualche briciola di stupefazione negli astanti sparsi tra reale e virtuale e una finestra socchiusa su un “quid” che gli era franato dentro. Un malessere da interpretare per chi avesse voglia di farlo, cioè nessuno, a parte le persone che gli vogliono bene. Così scrive Il Corriere dello Sport.

STORIE TOSSICHE. Un allenatore vecchio stampo, di quelli che parlano ai calciatori, come un padre se serve, quando la parola dell’allenatore aveva qualche probabilità di ascolto. Un uomo già minato dentro da troppe storie tossiche. Una sequenza micidiale. Le dimissioni dalla Roma (la malattia della moglie) e dalla Nazionale (il lutto di una patria), i passaggi a vuoto di Istanbul, la parola di Lotito, i mari e i monti di Valencia, ma solo sulla carta, l’arrivo al Genoa per definizione effimero di Preziosi e, ultimo, il ritorno all’amatissima Viola. «Scorie e veleni che si accumulano e presentano il conto tutto insieme», scrive Cesare. «L’assurdo disagio», un’espressione che sembra sfilata da un romanzo di Camus. Stress fulminante, nella vulgata. Era il suo sguardo negli anni ad essere cambiato. Ci sono lutti e lutti. Cesare ne ha conosciuti tanti. Ora, forse, ha conosciuto quello peggiore, il lutto dell’esclusione.

ESCLUSIONE. Quella di Prandelli, più che depressione, è una storia di esclusione, che è anche peggio della reclusione. «Questo mondo non fa più per me…», la frase chiave nel messaggio che Cesare ha lanciato in una bottiglia che ha una sola chance, quella di essere presto dimenticata. Ai giorni nostri restano a galla solo allenatori sostenuti dalla società o carismatici al punto di farsi credere più di quello che sono, il carisma ribaldo (ma fortemente calante) alla Mourinho, quello stregonesco alla Guardiola o inclusivo alla Klopp, il più raro, perché il carisma di suo esclude, soprattutto quando manipola. Prandelli non aveva il carisma dalla sua e, negli ultimi anni, nemmeno una società forte alle spalle.

VULNERABILITA’. La sua vulnerabilità fu più che mai evidente nelle ostentazioni di forza. I codici etici con cui pretendeva di regolamentare in Nazionale i comportamenti dei calciatori erano in realtà la confessione di un limite, il tentativo di mettere l’argine della legge là dove non arrivava la parola o la personalità. Troppo facile, in ogni caso, spedire uno che si dimette per “motivi oscuri” (già di suo uno scandalo nel calcio, come nella politica) in un ipotetico reparto psichiatrico. Ad escludere Prandelli, a far crescere “l’ombra” dentro di lui, è stato altro. Prandelli è stato svuotato da un mondo che ha cambiato in fretta le sue regole, le sue modalità, i suoi accessi alla vita e alle emozioni. Se vogliamo propria dirla depressione, la chiamerei una depressione funzionale. Intelligente.

SENTIRSI INADEGUATO. Deprimendosi, Prandelli si è difeso da un mondo in cui rischia di sopravvivere come un’ombra. L’ombra che gli cresce dentro. «Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti… Sono stato cieco davanti i primi segnali che qualcosa non andava, che qualcosa non è esattamente al suo posto dentro di me… il mondo va più veloce di quanto pensassi… Per questo credo sia arrivato il momento di fermarmi per ritrovare chi veramente sono». Allenatori, politici, giornalisti, scrittori, musicisti, analisti finanziari, latin lover, avventurieri, investigatori, esploratori. Arriva il giorno in cui si sentono inadeguati. Il mondo li sorpassa in tromba. A tripla velocità. Li lascia ammutoliti sul ciglio della strada. a bellissima e umanissima lettera di Prandelli ha un solo difetto. Troppe allusioni. Troppe vaghezze. Troppe cose che andrebbero spiegate meglio. Magari, un giorno nemmeno lontano lo farà, quando vorrà e con chi vorrà.  

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