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Coronavirus: come cambieranno gli stadi. Tifosi solo nel 2022?
Focus del Corriere della Sera su come dovranno cambiare gli stadi per far fronte al virus. Anche se i tifosi non potranno tornare a breve
Secondo l’epidemiologo americano Zach Binney, della Emory University di Atlanta, gli stadi potrebbero rimanere vietati al pubblico addirittura per un anno e mezzo. A partire da adesso. Fossero davvero diciotto mesi, significherebbe che tutta la stagione 2020-21 sarà a porte chiuse.
Ma poi? Cosa succederà? Che sarà degli stadi italiani e del mondo dopo la pandemia?
Una previsione ha provato a farla Mark Fenwick, uno degli architetti più importanti a livello internazionale, che si occupa della costruzione di tre degli otto impianti del Mondiale di Qatar 2022, secondo il quale la partita si giocherà su tre fronti: “Controlli, distanziamento, automatizzazione“.
Fra i punti fermi ci sono “la riduzione della capienza per aumentare lo spazio fra gli spettatori” e “il ricorso alla tecnologia no-touch”. Gli impianti della fase 3 dovranno essere il più possibile automatizzati. Non sarà semplice, perché gli stadi italiani sono per la maggior parte obsoleti.
Fondamentale abbattere la possibilità di contatti. A partire dall’ingresso allo stadio, che andrà scaglionato, come l’uscita, con orari prestabiliti per evitare assembramenti. I tifosi andranno sottoposti al controllo della temperatura corporea per fermare le persone a rischio.
Potrebbe cambiare addirittura anche il modo di tifare. Si potrebbe arrivare perfino a far sedere gli ultrà. “Non per una questione di sicurezza ma perché sarà l’unico modo per occupare uno spazio ben definito e distante — spiega Stefano Perrone, direttore operativo del Parma e consulente della Lega di serie A per la gestione degli stadi —.
In una prima fase è immaginabile un’occupazione dei posti a scacchiera, un po’ come si farà sui treni e in metro: la capienza potrebbe essere dimezzata, perché gli stadi italiani sono in media vecchi, quindi con spazi stretti oggi“.
