Contro lo United la Fiorentina va in cerca delle prime risposte. Tra pochi giorni ci sarà il playoff. Caccia ad altro entusiasmo per svoltare
La Fiorentina si appresta ad affrontare il Manchester United in quella che sarà l’ultima amichevole della tournée inglese. Lo farà in un ambiente in cui ha tutta la voglia (dichiarata, non solamente sognata) di tornarci stabilmente per sfide ufficiali. E non un giorno, chissà quando, ma in un futuro molto vicino. Per farlo serve abbandonare definitivamente la dimensione di ‘squadra da Conference League’ com’è, ormai, da quattro anni a questa parte.
RISPOSTE. Contro i Red Devills Pioli andrà in cerca delle prime risposte. Non definitive, ovviamente, ma molto indicative. Dopo il Manchester la Fiorentina tornerà a Firenze, sfiderà una selezione universitaria giapponese e poi dovrà superare il primo decisivo scoglio della sua stagione col preliminare di Conference League. Di fronte due avversari ai più sconosciuti, gli ucraini del Polissya o gli ungheresi del Paksi. Probabilmente i primi, visto il 3-0 rifilato in Slovacchia dalla formazione di Žytomyr nel turno d’andata. Due insidie, come lo fu il Puskas Academy un anno fa, il Rapid Vienna due anni fa e il Twente tre anni fa. Come lo sono tutte le gare europee, a maggior ragione in un momento di stagione in cui tutti gli altri avversari che si incontrano sono avanti a livello fisico, avendo già alle spalle diverse gare ufficiali. Risposte, dicevamo. Le prime amichevoli hanno evidenziato una serie di progressi in termini di fase difensiva, delle idee di gioco differenti rispetto al passato e qualche singolo più avanti di tanti altri. Davanti, invece, il tridente che tanto intriga ha lasciato più di qualche perplessità. Gud-Kean-Dzeko può funzionare? Con lo United se ne capirà di più. Magari con un Sohm in più in mediana al fianco di Fagioli a garantire fisicità e dinamismo, con un Pongracic che ha fatto subito un’ottima impressione al pari di Dodo, il momento delle ultime indicazioni è già arrivato.
BIVIO. Fare o non fare la Conference non è neppure un argomento su cui discutere. E’ un trofeo che, mai come quest’anno vista l’assenza di top club europei, è alla portata della Fiorentina. Pioli è stato preso anche per questo, per aiutare la società viola nel fare quell’ultimo gradino che negli ultimi anni le è mancato. Con Palladino e Italiano, per motivi differenti (ma anche con meriti) su cui si potrebbe stare a sindacare per anni, la Fiorentina è rimasta lì, dilapidando energie in una competizione in cui è stata quasi sempre superiore alla gran parte degli avversari incrociati senza riuscire a vincerla, sprecando punti su punti in Serie A, ritornando sempre lì, dov’è adesso. Una sorta di gioco dell’oca in cui si riparte sempre dal punto di partenza. Adesso c’è aria di svolta. Ci sono, nell’ordine: il vice capocannoniere della scorsa Serie A, uno tra i tre migliori portieri d’Italia e tra i migliori d’Europa, un allenatore esperto, tra i soli cinque in Serie A che hanno vinto uno Scudetto (uno anche dei più pagati), ci sono state conferme e non rivoluzioni e ci sono una scarica di certezze in più rispetto a dodici mesi fa.
Intanto parola al campo. Da Manchester serve tornare via con le idee più chiare. E, perché no, con un altro po’ di sano entusiasmo.
Di
Gianluca Bigiotti