Oggi scade la convenzione con il Comune di Firenze, dal 12 luglio si aprono le perte del Viola Park
Come scrive il Corriere Fiorentino, il Viola Park da domani prende ufficialmente il posto dei campini, che dal 2018 sono stati intitolati alla memoria di Davide Astori, ma che nella memoria e nei discorsi dei tifosi sempre quelli restano: «i campini». Decenni di Fiorentina passano dunque all’indietro nella macchina del tempo, soprattutto prima della chiusura voluta dai Della Valle, che tolse la possibilità degli allenamenti a cielo aperto. Qualcosa di unico e sinceramente antitetico rispetto alla maggior parte delle squadre di serie A, diverse delle quali dotate di un funzionale centro sportivo, ma che ha regalato tanto divertimento per tutti.
Nella settimana che precedette la partenza per la trasferta-scudetto di Cagliari nel maggio 1982 bisognava arrivare almeno un’ora prima per poter sperare di vedere qualcosa dietro le recinzioni. Che spettacolo gli assist di Antognoni e le reti al volo di Bertoni e Graziani, le parate di Galli e l’anno dopo l’inestinguibile grinta di Passarella. A chi cercava di imparare a fare il giornalista succedevano cose oggi impensabili, visto che per parlare con un terzo portiere oggi bisogna fare domanda in carta da bollo e poi aspettare con pazienza e fiducia la risposta. Poteva perciò capitare di stare a bordo campo e ascoltare le frasi dei giocatori. Per esempio Pecci che dispensava freddure a tutti.
Per arrivare dallo stadio ai campini c’era da attraversare un percorso di qualche centinaio di metri da alcuni molto temuto, soprattutto quando le cose andavano male. Il governatore di quella piccola repubblica viola era l’indimenticato Mario Ciuffi, che al massimo graffiava con battute abrasive. I più temerari uscivano allo scoperto anche nei momenti bui, i più prudenti preferivano nascondersi dentro un pullmino. E la sicurezza? Gli steward? Inesistenti. Magari qualche volta sarebbero pure serviti.
Negli anni di Batistuta i campini diventarono un prossimamente di quello che poi si sarebbe visto la domenica: spesso erano in 5 mila ad applaudire il Re Leone. Con la chiusura al pubblico cominciarono gli appostamenti per cercare di capire quello che veniva fatto, erano arrivati i famigerati allenamenti a porte chiuse, ma non tutti i cronisti si arresero al nuovo corso. Capitò così che Prandelli riuscisse ad individuare un giovane collega che si era appollaiato per capire chi avrebbe giocato a Roma. Da domani bisognerà provare con i droni, col rischio però che vengano abbattuti dalla contraerea di Italiano e Commisso.
Di
Redazione LaViola.it