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Una statistica si può leggere spesso in più modi. E può avere diverse chiavi di lettura. La Fiorentina, su 11 partite, è passata 8 volte in vantaggio. Ma in 4 occasioni è stata poi rimontata. “Bisogna chiudere le partite”, la sentenza abbastanza scontata, e sottolineata anche da Stefano Pioli dopo l’ultimo 1-1 contro la Roma, con il gol di Florenzi a pareggiare il vantaggio di Veretout. Terzo pari di fila con il solito risultato, terza rimonta subita in tre partite. Punti persi e amaro in bocca che rimane.
RIMONTATI. La prima rimonta subita era stata a Genova contro la Sampdoria. Vantaggio iniziale di Simeone dopo 13′, pari di Caprari al 60′. La Fiorentina non aveva poi mollato, ma nel finale aveva sfiorato la vittoria in un paio di occasioni. Anche se poi aveva portato a casa solo un punto. Così come con il Cagliari al Franchi: vantaggio con Veretout su rigore, pareggio di Pavoletti al 69′ su azione difensiva non perfetta. E poi a Torino, con il gol di Benassi in avvio e il pari dopo dieci minuti sul tiro di Aina deviato sfortunatamente da Lafont. Fino al gol di Florenzi e al pari con i giallorossi. Fanno 4 rimonte subite in 11 partite: nessuno in Serie A ha perso di mano così tante partite dopo un vantaggio. Il Milan su 9 vantaggi non ha poi concluso la vittoria in 3 occasioni, stessa cosa per la Roma e il Genoa (7 volte in vantaggio), così come per l’Empoli (4 volte avanti nel risultato).
SBLOCCARE IL RISULTATO. Se da un lato c’è quindi la necessità assoluta di crescere nella gestione delle partite, nel chiudere le gare quando si è in vantaggio, dall’altro c’è una squadra che comunque riesce spesso ad avere un buon impatto sulle partite. E a riuscire ad incanalarle sul binario giusto prima degli avversari. Su 11 partite, appunto, la Fiorentina è passata 8 volte in vantaggio: sia nelle quattro gare vinte (con Chievo, Udinese, Spal e Atalanta), sia nei 4 pari già citati. In Serie A, solo Juve (11), Inter, Napoli e Milan (tutte 9) sono riuscite ad andare più volte in vantaggio. Di contro, emerge un’altra situazione: quando è andata sotto, la Fiorentina non è mai riuscita a riacciuffare il risultato. Contro Napoli, Inter e Lazio, infatti, sono sempre stati gli avversari a passare avanti, con i viola incapaci di rimontare (solo a San Siro l’autogol di Skriniar aveva portato al momentaneo 1-1, prima del gol decisivo di D’Ambrosio).
CONCRETEZZA E GIOVENTU’. “Se non riusciamo a chiudere le partite, contro chiunque e soprattutto con avversari forti, c’è il rischio poi di non vincerle. Se abbiamo fatto tre pareggi di fila tutti per 1-1 vuol dire che bisogna chiudere le partite e gestire il vantaggio”, ha commentato abbastanza ovviamente sabato Pioli. Questione probabilmente di testa, di sicurezze e di gestione della partita. E anche di concretezza. Problema che sta diventando cronico per i viola. Contro la Roma se sull’asse Chiesa-Simeone i viola si fossero portati sul 2-0 (erano da soli contro Olsen), con molta probabilità parleremmo di un’altra storia. Ma anche con il Cagliari c’erano state opportunità per chiudere la sfida, o a Genova con la Samp. Una squadra che riesce a sbloccare bene le partite, ma poi spesso (nel 50% dei casi) incapace di mantenere il risultato. ‘Peccati di gioventù’ e mancanza d’esperienza, ma non solo. La sterilità dell’attacco e un gioco poco fluido e sicuro in possesso palla hanno dato spesso forza agli avversari. E la Fiorentina si ritrova così con diversi punti in meno in classifica.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
									 
									 
									 
									 
														 
														 
														
Di
Marco Pecorini