L’ex esterno della Fiorentina ricorda i tempi di Firenze, tra l’esordio e le difficoltà nel settore giovanile: “Alla Juve la mentalità è di vincere ogni competizione”
Federico Chiesa, intervistato da Repubblica, torna sul suo passato alla Fiorentina: “Poca continuità? Penso sia dovuto a due anni in cui son venuti allenatori diversi, con idee differenti. Ora però stiamo tutti remando dalla stessa parte, e pensiamo partita dopo partita. È l’unico modo. Sono venuto qui con la mentalità di vincere qualsiasi competizione. Ora puntiamo alla Supercoppa contro l’Inter, poi alla Coppa Italia. Per il campionato, vedremo. E siamo agli ottavi di Champions: lì è tutto da scrivere”.
IL PADRE ENRICO. “Per me è stato di ispirazione immensa, anche perché è stato un grande campione. Tecnicamente, riguardando i suoi video, rimango ancora oggi a bocca aperta. A casa mia girava sempre un pallone, a 6 anni l’ho preso in mano: è cominciato tutto così. Ma anche mia madre è stata importante. Siamo una famiglia molto unita. Papà in campo ha sempre lasciato la parola agli allenatori, ma fuori mi ha insegnato i comportamenti, il relazionarsi con le persone”.
ESORDIO. Qual è il momento in cui con Enrico avete capito che lei sarebbe diventato un calciatore top? “L’esordio in Serie A alla prima convocazione: si fa male Borja Valero e il mister mi mette in campo. Oppure quando, in prima squadra, Paulo Sousa ci mandava a giocare in primavera, per non farci perdere l’umiltà. Venimmo a Torino e vincemmo 4-2 contro la Juve: feci gol e assist. Lì dimostrai che do sempre il massimo, in qualsiasi partita, in qualsiasi contesto. Non capita spesso con i giovani”.
CONSIGLIO. E qual è il consiglio più importante che le ha dato suo padre? “A un certo punto, nelle giovanili della Fiorentina non giocavo: per un fatto fisico, ma anche tecnico perché l’intensità della giocata non era quella dei miei coetanei. Allora papà mi disse: “Tu vai per la tua strada. E fa’ sì che ogni allenamento diventi una partita”. È stata la svolta per me”. È vero che prima di questo consiglio, a 14 anni, stava per abbandonare il calcio? “Sì. Non giocavo. Non potevo farlo nemmeno al campetto con gli amici, essendo sotto contratto. Pensai: “E se provassi qualcos’altro?”. Ma papà, e anche mamma, mi hanno sempre consigliato di non mollare. Li ho ascoltati”.
OLTRE AL CALCIO. Che cosa avrebbe fatto Federico Chiesa senza calcio? “Avrei studiato!”. Cosa? “I miei genitori mi avevano mandato alla scuola internazionale di Firenze. L’idea era quella di studiare all’estero, la mia passione è l’universo. Certo, fisica è alquanto dura. Ma mi sarebbe piaciuto”.

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Redazione LaViola.it