Federico Chiesa partito dalla panchina ma protagonista nel finale. Sotto porta continua a palesare gli stessi limiti di sempre
“Come mai in panchina? C’era stanchezza, ho preferito non rischiare infortuni. Si tratta di una gestione normale delle forze”. Così il tecnico viola Giuseppe Iachini sulla decisione di lasciare fuori dall’undici iniziale Federico Chiesa a San Siro. Meglio sfruttarne le qualità a gara in corso, ha pensato Iachini. E col senno di poi avrebbe anche potuto aver ragione se Chiesa non avesse sprecato quel contropiede tre contro due nel finale dopo uno scatto da record.

TIRI/GOL. La media tiri gol è più o meno la stessa degli ultimi anni. 7 gol, 1 su rigore, su 68 tiri stando al solo campionato. 1 rete, di fatto, ogni quasi 10 tiri. Tira quanto Berardi, Belotti, Lasagna e Dybala, tredicesimo assoluto in Serie A per conclusioni, segna come Pessina e Kolarov. Il tutto quasi al termine di una stagione passata più da seconda punta che da esterno. Con però i limiti di sempre. Non è stata certo la miglior annata anche dal punto di vista fisico quella 2019-20 per Chiesa, tra una gestione delle forze a inizio stagione e un infortunio che lo ha fermato sul finire del 2019. Ma anche al termine di questo campionato, il quarto da professionista, l’enigma resta lo stesso: quale ruolo ha e deve avere Chiesa? La risposta è ancora un rebus. E il fatto che l’Inter si sia progressivamente defilata dalla corsa al 25 viola, e che la Juventus abbia via via abbassato la cifra dal mettere sul piatto sono la riprova. La valutazione del cartellino cala. E non può essere un caso.

Di
Gianluca Bigiotti