L’attaccante viola racconta come la sua vita da calciatore è cambiata, con Paulo Sousa che decise di farlo esordire dal primo minuto a Torino contro la Juventus
Federico Chiesa ricorda come all’improvviso la sua carriera di giocatore è cambiata, è stata stravolta, quando Paulo Sousa decise di puntare su di lui nella prima gara di campionato a Torino contro la Juventus.
Nell’intervista a Sportweek-La Gazzetta dello Sport racconta anche il suo rapporto con la maglia azzurra della Nazionale e scommette che il futuro sarà dell’Italia di Mancini.
Te la senti di scegliere il momento più bello da quando giochi a calcio?
«Il debutto in A in casa della Juve. Non era previsto, quando Paulo Sousa me l’ha detto sono rimasto spiazzato. Sì, avevo anche un po’ di paura, ma poi è passata. È stato bellissimo tutto, persino il siparietto con uno steward che dopo l’intervallo non voleva farmi entrare in campo. Non mi conosceva, avevo la felpa perché ero stato sostituito. Così quando ho cercato di raggiungere la panchina per vedere il secondo tempo, mi ha bloccato: “Lei dove va?”. Poi ci siamo fatti una risata…”.
E il più brutto? Forse quando ti hanno accusato di essere un simulatore per il rigore conquistato contro l’Atalanta?
«Beh, è acqua passata. Certo, non mi ha fatto piacere: a volte si dicono delle parole che forse sarebbe meglio evitare. Quello era un episodio interpretabile. In campo ho avuto una sensazione, ho sentito un colpo. Capisco che rivedendo le immagini si possa pensare all’opposto. Andare oltre invece…».
Sei presente e futuro della Nazionale italiana. C’è da cancellare la vergogna del Mondiale mancato…
«Lo sappiamo bene e tutto il gruppo degli azzurrabili ha voglia di riscatto. Con il c.t. Mancini c’è un cl ima positivo; il mio impegno, se meriterò la convocazione, sarà massimo: dobbiamo qualificarci per l’Europeo».
La meglio gioventù azzurra sta esplodendo, insomma le basi ci sono tutte.
«Dico di più: negli anni passati si è sempre detto che i giovani talenti italiani non trovavano spazio, che si preferivano gli stranieri. Non è più così: io, Donnarumma, Romagnoli, Mancini, Barella, Lorenzo Pellegrini, Cristante, Zaniolo, Belotti, Berardi e tanti altri siamo titolari. E quindi è giusto che ci prendiamo le nostre responsabilità: vincere con l’Italia è il massimo».
Davvero la pensi così?
«Certo, la maglia azzurra è unica. Cantare l’inno prima di una gara mette i brividi. Le piazze piene durante un Europeo o il Mondiale… Ero bimbo nel 2006, quando vincemmo a Berlino: che emozione quella festa…».
Seconda gara in Nazionale: serpentina contro l’Inghilterra, rigore preso e pareggio. Il dribbling ce l’hai nel sangue?
«Il mio istinto è quello, come un bomber vede subito la porta, io scovo gli spazi dove passare. Segno poco? Non sono un classico centravanti, ma ultimamente sto migliorando. O no?» .
Di
Redazione LaViola.it