Lunga intervista del talento viola, che ripercorre la sua carriera, parla del presente e dei suoi beniamini, oltre a ricordare Davide Astori
Queste le parole di Federico Chiesa, tratte dalla rivista Undici in edicola da oggi: “Ogni giorno vado all’allenamento con l’idea di migliorare qualcosa, è il mio obiettivo quotidiano. Per me è bello giocare a calcio, è bello stare in campo, è la mia vita. Il calcio viene veramente prima di tutto. Le rinunce da giovane? Non mi pesavano assolutamente. Anzi, ero io che volevo stare a casa. Il calcio mi piaceva troppo, ero concentrato su quello. Non rinuncerei mai ad un allenamento per andare ad una festa, non l’ho mai fatto. Non è nel mio carattere, tutto questo mi ha portato a essere dove sono. Oggi, rifarei tutto.
Sui gol che stanno arrivando: “Per me è stata importante la doppietta al Chievo. Eravamo in dieci, stavamo pareggiando. Quella doppietta ha aiutato la squadra a venire fuori da una situazione difficile. Contro la Roma ho segnato tre gol bellissimi, ma in un 7-1 fanno meno la differenza“.
L’arrivo di Muriel: “Abbiamo aumentato le esercitazioni di smarcamento, di attacco alla profondità, tagli, inserimenti e conclusioni. Questi risultati sono il frutto di un lungo lavoro. Ma per me il gol è un bonus, se arriva bene, ma la prestazione è sempre più importante“.
Una passione comune con Enrico: “Torno a casa e c’è mio padre sul divano, con la tv accesa su Sky Sport. Guarda qualsiasi tipo di partita, ed io mi aggrego. Poi restiamo lì a parlare…”.
Sul passato: “Il mio fisico non era pronto come quello degli altri, e per due-tre anni ho fatto fatica a trovare spazio. Quando hai 14 o 15 anni, hai proprio voglia di giocare a calcio, lo vedi come una passione. A quell’età, quando non giochi, ti viene da dentro una delusione passionale. Certo, ho pensato tante volte di mollare. Ma i miei genitori, la mia famiglia, ci hanno sempre creduto. Quando non giocavo, mi dicevo: vabbè, giocherò la prossima. Era un modo per andare avanti, per avere un pensiero positivo. Tengo tantissimo al lavoro, all’alimentazione ed al resto. Prendi Cristiano Ronaldo. Non ha il talento di Messi, però ha vinto il suo stesso numero di Palloni d’Oro. Ed è lassù ogni volta, ogni giorno, a vincere trofei. Un professionista esemplare come lui insegna che per arrivare e restare al top bisogna stare attenti a ogni piccolo particolare”.
Sul ritiro di Moena che gli ha cambiato la vita: “In quel ritiro stavo veramente sognando ad occhi aperti. Mi ricordo che ero al tavolo con giocatori importanti, come Borja Valero, Bernardeschi, Astori… vivevo un sogno, ero entusiasta di far parte di quel gruppo. Sousa vide in me un grande entusiasmo, positività, voglia di crescere. Mi ha dato un’opportunità fantastica e per questo lo ringrazierò sempre. Quei pochi giorni di ritiro sono stati fondamentali. Segnai il primo gol da professionista a Baku, contro il Qarabag in Europa League, e subito dopo venni espulso. Il mister mi disse: “si gioca con il cuore, ma anche con la testa”. Porterò sempre con me questo consiglio. In realtà all’ultima di campionato mi feci espellere in trenta minuti. Il mister mi disse “ma allora non hai capito niente”. Me l’ha detta due volte questa cosa. Bisogna ragionare in una logica di collettivo. Poi è chiaro che nella giocata ci vuole l’istinto, la fantasia, quello che ti viene ti viene”.
Sul nuovo corso azzurro: “In Nazionale c’è tanto entusiasmo. Un nuovo ciclo, un nuovo allenatore. Siamo su una buonissima strada, lo abbiamo dimostrato con i recenti risultati. E con il gioco. I gol per ora sono stati pochini, ma continuando su questa strada arriveranno. Quando giochi in Nazionale hai una responsabilità in più, è più difficile, si alza il livello, devi ragionare di più. Però è bellissimo. Per me il solo fatto di esserci, di allenarmi in mezzo a tanti giocatori forti, vale tantissimo. E’ una sensazione indescrivibile. Da qualche anno a questa parte le squadre puntano sulla crescita dei giovani, ed in quasi tutte le squadre c’è un giocatore forte italiano. Zaniolo, o Barella, sono molto forti, stanno facendo molto bene. Ma attenzione, perché non possiamo essere subito al livello della Francia. Noi veniamo dalla delusione Mondiale, mentre i loro giovani sono entrati in un gruppo già forte, consolidato. E’ un percorso diverso. Quando abbiamo giocato in amichevole contro la Francia, mi ha impressionato tantissimo Mbappè. Anche se ha un anno meno di me, è il calciatore che adesso mi piace di più. E’ stratosferico, mi auguro un giorno di fare quello che ha fatto lui, ma ce n’è di strada da fare. Lui è su un altro pianeta. A vent’anni ha già vinto un Mondiale.
Sull’essere capitano e su Davide: “E’ stato emozionante indossare la fascia numero 13. Tenerla al braccio è stata una responsabilità unica, prendere il posto di Davide… Ho capito quanto sia difficile portare una fascia così. A German devo fare tantissimi complimenti, persona fantastica con un carattere ed una leadership incredibili. Si vede che ha preso molto da Davide. Per me Davide è stato fondamentale nella crescita, come persona e come calciatore. Mi ricordo quando arrivai in prima squadra: è stato lui a spiegarmi tutto, anche se non era ancora capitano. Un leader ed un uomo fantastico. Guardando lui ho creduto ancora di più nelle mie idee, nel seguire la mia strada. Negli spogliatoi c’è ancora il suo armadietto con tutto, con la sua foto. Non abbiamo tolto niente. E’ proprio accanto al mio armadietto. Anche il suo posto a tavola è accanto a me. Una volta dei ragazzi della Primavera volevano sedersi lì. Io gli ho detto: ragazzi, mi dispiace. Il posto è occupato. Con questi piccoli gesti continueremo sempre a ricordarlo. I suoi insegnamenti sono rimasti dentro di noi. Era tutto d’un pezzo, è stato prezioso e continuerà ad esserlo per noi. Abbiamo perso una persona importante”.
Su Firenze: “Sono nato a Genova, ma Firenze è casa mia. Sono cresciuto qui, i miei amici sono di qui. Per me è una fortuna giocare nella città che mi ha visto crescere. Quando stacco dal calcio ritrovo gli amici, sono loro che mi fanno stare con i piedi per terra perché mi ricordano da dove vengo. Mi piace andare fuori in centro, andare a cena… Firenze è bellissima. E poi non mi ferma mai nessun per strada, ci sono troppi turisti. Nel tempo libero? La Play Station con gli amici, la musica… mi piace Sfera Ebbasta, anche se non sono mai andato ad un concerto. E per ora la fidanzata non ce l’ho“.
Sugli idoli: “Mi piaceva più il singolo che la squadra. I brasiliani, soprattutto: Ronaldo, Ronaldinho, Kakà”.
Sulla scuola: “La scuola americana è stata fondamentale. Mia mamma voleva che ci andassi per imparare l’inglese. Mi ricordo il primo giorno: ero imbarazzatissimo, perché non sapevo una parola d’inglese. Tutti erano felici, ed io in disparte. Mi sembrava di essere in un altro continente, ma è stata la scelta giusta. All’università mi sono iscritto comunque. Ero in Primavera, la mia carriera era ancora incerta, non sapevo cosa avrei avuto davanti. Ho scelto Scienze Motorie. Sono un po’ incasinato con le partite, ma in estate voglio dare altri esami”.

Di
Redazione LaViola.it