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Rassegna Stampa

Cesare e Firenze, una lunga storia d’amore. Meglio chiuderla qui per non sciupare tutto

Un feeling lungo 16 anni: le cavalcate Champions, Calciopoli, l’ambizione di puntare allo scudetto. Dai Della Valle a Commisso: ora il passo indietro

Anche se dovrà finire, prima o poi… questa lunga storia d’amore. Le parole di una delle più belle canzoni di Gino Paoli per raccontare cosa sia il rapporto tra Cesare Prandelli e Firenze. Le sue dimissioni hanno chiuso definitivamente il cerchio: è stato un atto d’amore e di rispetto verso la città, la squadra e i suoi tifosi. Così scrive il Corriere Fiorentino.

16 ANNI. Sedici anni pieni di tante cose, dentro e fuori la Fiorentina: nessuno che si sia mai permesso di dubitare della sua onestà intellettuale e anche questo è un fiore all’occhiello. Quando Cesare arriva nell’estate del 2005 era un altro mondo, in tutti i sensi. Il colpo di fulmine è immediato, lui vive sui lungarni, gira curioso per la città, la vive con le sue mille sfaccettature e se ne innamora insieme alla moglie Manuela, che sembra stare meglio.

CALCIOPOLI. Poi arriva la bufera di Calciopoli e se non ci fosse stato lui a fare da garante e baluardo col mondo esterno, sarebbe crollato tutto. Cesare è il condottiero a cui si aggrappa la squadra, che parte da meno 19 e poi da meno 15 e va lo stesso in Europa: straordinario. Tutto questo tra le notti in bianco per l’aggravarsi della malattia di Manuela, l’angoscia per il futuro della famiglia, le domande sul perché proprio a lui. Quesiti che trovano risposta solo nella fede.

LUTTO. Quando lei se ne va, Firenze non lo sa, ma è come se anticipasse la cerimonia del lutto collettivo e profondo vissuto undici anni dopo con Davide Astori. Il senso di fratellanza di uno stadio e di una città con il suo allenatore. La decisione è presa: qualunque cosa potrà raccontare il campo, il futuro sarà a Firenze.

IL PRIMO ADDIO. Il problema però è che di lui sono tutti più o meno mediaticamente innamorati e quando i viola vincono il merito è di Prandelli. Se invece perdono è colpa dei Della Valle o di Corvino. Nascono per gelosia i primi attriti, forse Cesare esagera nel ruolo di tribuno della plebe quando si fa paladino del salto di qualità, che non arriva, per puntare allo scudetto. Anzi, viene invitato a cercarsi una squadra più ambiziosa. E siamo ai titoli di coda, perché poi c’è il pranzo con Bettega, Diego furioso con annessi, connessi e Mamma Ebe vari.

LUNGA STORIA D’AMORE. Firenze però è tutta con lui. In questi sedici anni Cesare non è mai cambiato, ma quando è tornato nulla era uguale a quando fu costretto ad andarsene per allenare la Nazionale. Un uomo come lui che vive di emozioni e di sensazioni, attento a tutto e anche permaloso, ha colto nell’aria segnali che hanno bucato e sgonfiato giorno dopo giorno la felicità del ritorno, quando davvero sembrava che fossimo pronti al secondo tempo della favola. Siccome però questa è vita vera, la realtà è stata diversa. E allora, per non sciupare tutto, meglio chiuderla qui. Evitando che finisca come in quei matrimoni in cui c’è stata passione e che si concludono stancamente con scambi di accuse e reciproche attribuzioni di colpe. Perché questa rimanga, appunto, una lunga storia d’amore.

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