L’ex presidente della Fiorentina parla ancora del suo passato a Firenze, tra la balaustra, Batistuta e la gestione dei campioni.
Dopo le parole di ieri, torna a parlare Vittorio Cecchi Gori, a Firenze per girare un docufilm sulla sua vita. Così a La Repubblica: «Non andavo al Franchi da quasi vent’anni, È stata una emozione violenta entrare nella pancia dello stadio e tornare là davanti a quella balaustra. È come se il tempo avesse ricucito la sua storia e questi vent’anni di lontananza fossero stati solo un brutto sogno».
La segue la Fiorentina? «Dico la verità. Per qualche anno, dopo quello che è successo, non ne volevo sapere niente. Volevo rimuovere, soffrivo troppo. Poi ho metabolizzato quei giorni drammatici. E ho ricominciato a vedere le partite. Con gioia e sofferenza, come capita a ogni tifoso».
La sua immagine del cuore di quei giorni? «Beh, tutte le volte che salivo su quella balaustra ero un uomo felice. Volevo provare a ripetere quel gesto stamattina. Ma ho lasciato stare. Ho un ginocchio malandato. Ma chissà, dovessi vedere un gol della Fiorentina magari riesco ancora a salirci su».
Poi ci sono quei ricordi… Quelli che hanno distrutto lei, la sua immagine, la sua società, il cuore dei tifosi viola. «Quella storia non è ancora finita. I miei avvocati non si arrendono. Mi hanno fatto pagare la questione dei diritti tv. Mi hanno chiesto 90 miliardi da trovare in 48 ore. Poi hanno fatto lo spalma debiti. Avevo anche i diritti cinematografici. Davo fastidio. Questo è chiaro». Un complotto? «Non sono un complottista. Credo semplicemente che in alcuni momenti gli interessi di alcuni personaggi si possano coalizzare per fare fuori chi rovina il gioco».
Ma nel calcio di oggi sarebbe ancora possibile mettere in piedi una Fiorentina come la sua? «Il calcio è cambiato, è vero. Ma allora c’erano tante società ambiziose e la concorrenza era durissima. Quello che è certo è che io non ho mai fatto una plusvalenza e ho sempre tenuto i giocatori più forti. Dire che a certe cifre non sia possibile dire di no è solo una scusa».
Lei a Firenze ha ancora detrattori ma anche nostalgici. «Il calcio senza umanità diventa puro e semplice business. Il problema è che spesso si sfrutta l’amore della gente. Lo dico in generale. Io sicuramente ho fatto degli errori, ma ci ho messo il cuore. E ho pagato in prima persona».
Batistuta lo ha sentito? «Sì, mi ha chiamato per invitarmi alla sua festa. L’ho ringraziato, ma purtroppo non potrò esserci. Lui non solo faceva gol, ma giocava anche quando stava male. Uomo vero. Capì subito che era il centravanti giusto per noi. Gli osservatori in Coppa America mi fecero altri nomi ma io volevo lui. E detti un ordine preciso a ogni allenatore che passava da qui: Batistuta deve giocare».
Corsi e ricorsi. Il calcio sarà pure cambiato ma ora il gioiello è Chiesa… «I giocatori simbolo non vanno mai ceduti. Può essere un sacrificio, ma lo devi fare se vuoi dare un senso compiuto alle tue ambizioni».
Di
Redazione LaViola.it