Dopo la sconfitta contro l’Inter, il tecnico viola Palladino bersagliato: ma la Fiorentina è davvero in crisi?
Stefano Cecchi, nel suo editoriale su La Nazione, descrive con ironia e lucidità la partita tra Fiorentina e Inter, evocando immagini belliche per rappresentare la resistenza viola. “A un certo punto è venuto anche il sospetto che nell’area viola affollata potesse sbucare Enrico Toti a lanciare una stampella contro gli austroungarici all’assalto in maglia nerazzurra“. La partita è stata un’autentica “trincea da Grande Guerra“: fango, difesa alla baionetta, gomitate e resistenza ad oltranza.
Questa scelta tattica ha posto l’allenatore della Fiorentina, Raffaele Palladino, sul banco degli imputati. “Ascoltate le radio, leggete sui social: il processo pubblico per alto tradimento è inesorabile“. Le accuse? Da una parte la codardia sportiva, dall’altra la presunzione, fino a richieste estreme come l’esonero immediato. Ma questa contestazione è legittima? Cecchi crede di no e lo spiega con tre motivi.
Il primo: il vecchio principio calcistico che dice “squadra che vince non si cambia“. “Davvero Palladino ha dunque peccato di visione riaffidandosi alla stessa squadra che appena 4 giorni fa aveva polverizzato i campioni d’Italia?“. Riproporre la stessa strategia era un errore o un tentativo legittimo di replicare un successo?
Il secondo: considerando la superiorità tecnica dell’Inter, era più sensato affrontarla a viso aperto o difendersi con ordine? “Appena un anno fa la Fiorentina salì a San Siro con questa idea. Finì 4 a 0 per l’Inter e in tantissimi criticarono Italiano per la presunzione“. Ora gli stessi critici rimproverano Palladino per aver adottato l’approccio opposto?
Il terzo: non esiste una sola via per la vittoria. “Si può vincere con una visione aggressiva della partita di possesso e di attacco e si può vincere con un calcio di trincea“. E nessuno criticò Bearzot per il Mondiale vinto con un “football da linea del Piave“. Palladino appartiene alla scuola pragmatica degli allenatori come Allegri, Trapattoni, Capello e Ranieri: “non ha la sindrome dell’ossesso palla e l’idea della bellezza non lo attrae“, puntando invece sulla “praticità e il cinismo“. Il suo calcio “non sarà mai arioso da davanzale, piuttosto un football ostico e pesante ma pratico e utile come un ferro da stiro“.
Si può apprezzare o meno questo stile, ma il parametro di giudizio dev’essere il campo, non il gusto estetico. “E questi ci dicono che oggi la Fiorentina sta più in alto di dove pensassimo potesse stare“. Tuttavia, Palladino è destinato a essere giudicato solo dai risultati: “Certo, non potendosi mai aggrappare al salvacondotto effimero della bellezza, è anche uno di quei mister condannati alla vittoria per legittimare il proprio status“.
Per questo, secondo Cecchi, non aveva senso osannarlo dopo il trionfo contro l’Inter, così come oggi è eccessivo metterlo alla gogna dopo una sconfitta in trincea contro la squadra più forte del campionato. “Alzarne ora la contestazione a livello di guardia sulla scia di un ko in trincea sembra davvero una fuga in avanti troppo cinica perfino nel calcio senza memoria di oggi“.
Di
Redazione LaViola.it