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Rassegna Stampa

Calcio chiuso per Coronavirus. E lo Stato cancella risse e polemiche del pallone

Porte chiuse fino al 30 marzo per gli eventi sportivi, per evitare affollamento di persone. Linea uguale per tutti.

Chiuso per coronavirus. Il calcio, come ogni altra manifestazione sportiva, che comporti l’affollamento di persone e il non rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro, serra le porte al pubblico per trenta giorni. Senza se e senza ma, per indicazione del Comitato tecnico scientifico voluto dal premier Giuseppe Conte. Così scrive il Corriere della Sera.

I club di A dopo aver litigato furiosamente per giorni spostando le date delle partite, auspicando porte aperte per non perdere i vantaggi di incassi e pubblico, si dovranno arrendere all’ipotesi di lavoro avanzata dal Comitato tecnico scientifico che finirà per integrare il decreto del 1° marzo, applicabile in tutto il Paese. Le società saranno obbligate a osservare una linea di comportamento univoca nel rispetto delle regole di salvaguardia della salute pubblica. E pure la Lega, preoccupata di vendere al meglio i diritti tv del prossimo triennio, si dovrà rassegnare a esportare l’immagine di spalti vuoti.

In un contesto di caos e corto-circuiti di comunicazione, Juventus-Milan di Coppa Italia, inizialmente prevista a porte aperte con le limitazioni per i tifosi provenienti da Lombardia, Veneto ed Emilia, dopo un vertice in Prefettura è stata rinviata a data da destinarsi sia per timore di nuovi contagi che per questioni di ordine pubblico. La risoluzione ha colto di sorpresa Paolo Dal Pino e Luigi De Siervo, presidente e ad della Lega già impegnati a districare il cubo di Rubik del calendario, ma soprattutto il Milan che da mezz’ora era arrivato a Torino per la sfida in programma stasera. Sulla mancata disputa a porte chiuse è andato in scena un rimbalzo di responsabilità tra le parti. Il virus manda in testacoda il pallone, già diviso da veleni e sospetti.

“Come previsto, tutti i dibattiti sul calendario del calcio sono risultati inutili. Ha deciso lo Stato. Era giusto dare un senso alle date, ma ricordandosi sempre che si discuteva di qualcosa che non dipende da noi, dipende dalla malattia”, scrive Mario Sconcerti sul Corriere della Sera. “Il campionato è falsato, nel senso esatto della parola: non sarà più quello che doveva essere. Pazienza. Dentro questa realtà diversa, vincerà comunque il migliore. Resta una buona giustizia. Non si può pretendere di avere un Paese in emergenza e un calcio che litiga per essere normale. Non tocca al calcio trovare una decisione che riguarda tutti. Tocca al governo e ai suoi medici. Giocare a porte chiuse è già un privilegio in un mondo dove Valentino Rossi resta fermo in Qatar, il Louvre scompare e da New York non si alza più un aereo per Milano. Nessuno può recriminare qualcosa, si chiude per malattia, per farci un favore reciproco. Non per avere un calcio di rigore in più”.

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