Rassegna Stampa
Cairo: “Salviamo il merito sportivo, esagerato mandare in campo i Primavera”
Il presidente del Torino, una delle squadre più colpite da questa ondata di Covid: “Protocollo da rifare, modello Premier”
Aumento dei contagi, interventi delle Asl, partite sospese, altre che si giocano, nuovi discussi protocolli: il calcio italiano vive giorni complessi. «E proprio adesso servono decisioni ragionevoli», dice Urbano Cairo, presidente del Torino, alla Gazzetta dello Sport.
MERITO SPORTIVO. «È un momento complicato in cui dobbiamo sforzarci di tenere alcuni punti fermi: il campionato è un bene prezioso per tutti e deve andare avanti secondo il calendario deciso, ma esistono momenti delicati in cui questo, purtroppo, non può succedere e deve prevalere il buon senso. In questi casi bisogna rispettare anche il merito sportivo come linea guida delle azioni delle istituzioni: se c’è un numero troppo elevato di positivi, non ha senso giocare, costi quel che costi, anche perché altrove in situazioni simili le partite vengono rinviate e poi recuperate senza problemi».
NUOVO PROTOCOLLO. «Personalmente, non sono d’accordo con questo nuovo protocollo. Un conto è dire che con alcuni positivi si può giocare, e su questo siamo tutti d’accordo, un altro è dire che bisogna farlo anche quando quel numero schizza e diventa fuori controllo. Purtroppo, è stato approvato in fretta e furia, nell’emergenza tra mercoledì sera e ieri: se si è dovuto correre così tanto adesso, è perché evidentemente abbiamo perso del tempo prima. Eppure durante le vacanze di Natale si potevano osservare le cose con la giusta calma e cercare l’equilibrio migliore tra lo svolgimento del campionato, la tutela del merito sportivo e, ovviamente, la salvaguardia della salute».
ESEMPIO PREMIER. «In Premier League hanno dimostrato di saperci fare, hanno preso decisioni ragionevoli nonostante avessero casi in aumento più che da noi e sempre con stadi pieni. Lì non è mai stato preso in considerazione l’impiego di ragazzi della Primavera senza alcuna presenza nel campionato maggiore, ma le istituzioni hanno provato a salvaguardare sia il proseguimento della stagione sia i valori del campo. Pur dovendo giocare ben più partite di noi tra Fa Cup e Coppa di Lega, hanno semplicemente evitato di far giocare quando non c’erano le condizioni materiali per farlo senza forzature. L’esempio dell’ultimo Boxing Day è emblematico: mentre da noi il campionato italiano era fermo, la Premier ha giocato quel turno e altri due con un bellissimo spettacolo, nonostante il rinvio di otto partite su trenta».
POSITIVI. Va quindi stabilito a priori un nuovo numero di positivi oltre il quale fare scattare la sospensione del match? «È un qualcosa che va regolamentato, per evitare di danneggiare lo spettacolo e salvaguardare la regolarità del campionato. Che partita è quella in cui vedi alcuni ragazzini della Primavera confrontarsi con dei professionisti? Il numero va studiato insieme, proprio per evitare che si vada in ordine sparso. E sempre guardando a quello che hanno fatto altrove. In Inghilterra le decisioni sono state prese quando loro avevano già oltre 100 mila casi al giorno e con partite sempre molto ravvicinate. Giocare a tutti i costi, arrivando addirittura ad attingere a dei giocatori classe 2003, è davvero una estremizzazione esagerata».
RISCHIO DI NON FINIRE IL CAMPIONATO? «Sgombriamo subito il campo. Abbiamo portato a compimento la stagione 2019-20 che era ben più complessa: allora non conoscevamo la pandemia, ora sappiamo il nemico che abbiamo davanti e abbiamo l’arma potente dei vaccini. Con fatica e impegno questa stagione si può gestire, ma senza fughe in avanti. Pur non sottovalutando i pericoli e la diffusione del contagio, questo rimane l’obiettivo minimo. Poi esistono altri obiettivi: il più importante è quello di proseguire in maniera trasparente e senza alterare il merito sportivo».