Il centrocampista è prigioniero del suo ruolo, così come Prometeo era prigioniero di Zeus
Il mito prometeico finisce con un’immagine tragica. L’uomo che si era messo contro gli dei, cui aveva rubato il fuoco, è incatenato da Zeus a una roccia, mentre un’aquila gli divora il fegato. Questa la punizione degli innovatori. Ma già Eschilo aveva immaginato che alla fine Prometeo si liberasse dalle catene, e più tardi l’idea fu sviluppata da Shelley. Il suo Prometeo liberato simboleggia l’umanità moderna, affrancata dal timore della divinità e proiettata verso l’avvenire.
Siamo ai mondiali del 1982 in Spagna, e Bearzot li affronta con un’idea tattica precisa. L’Italia dovrà attenersi ai principi del calcio olandese allora dominante, ma senza rinunciare alla tradizione difensiva. Zona mista, si disse, nel senso che l’Italia difendeva a uomo e attaccava a zona. Per Gianni Brera, Bearzot predicava male e razzolava bene. Le sue squadre in realtà avevano poco del gioco olandese e molto della cultura italiana del contropiede.
Per attuare il suo gioco Bearzot ha bisogno di sacrificare un uomo del centrocampo a compiti di contenimento. Bearzot pensa inizialmente a Marco Tardelli, un centrocampista universale, che se la cava molto bene sia nella costruzione del gioco che nella distruzione del gioco avversario. Ma l’Italia, per varie ragioni, stenta, tanto da rischiare, nella prima fase, l’eliminazione. Nella fase successiva, in cui l’Italia deve vedersela con Brasile e Argentina, Bearzot cambia idea, affida i compiti di marcatura del giocatore avversario più forte a Gentile, lasciando libero Tardelli di giocare più avanzato e di contribuire alla manovra. Grazie a questa, e ad altre mosse, l’Italia batte l’Argentina e il Brasile, e finisce per vincere il torneo, con un gol di quel Tardelli, in tutti i sensi liberato, che esulta sfrenatamente consegnando il suo urlo alla storia.
Se c’è un giocatore che assomiglia irresistibilmente a Tardelli, nella Fiorentina attuale, questi è Veretout. Veretout appare oggi bloccato, prigioniero di un ruolo, quello di centrocampista centrale, che ne limita le potenzialità. C’è da chiedersi se non valga la pena di liberarlo proprio come fece Bearzot con Tardelli, affidando a un altro giocatore il compito di regista arretrato. Considerando che in campagna acquisti la Fiorentina non si è preoccupata di investire nel ruolo, restano solo due giocatori in rosa cui si può fare appello. Uno è Noorgard, mai visto e forse già bocciato da Pioli, l’altro quel Diakhate sul quale pare che la società voglia, in tempi ragionevoli, puntare.
Su Diakhate si è sentito dire di tutto. Lo si è tacciato d’immaturità, leziosità, mancanza di coraggio, ma non si possono certo dimenticare le sue qualità. È un centrocampista in grado di giostrare sia come mezzala che davanti alla difesa, quando avanza in attacco incute paura, batte bene le punizioni e i rigori. E certo non potrà di colpo risolvere i problemi della Fiorentina. Ma di sicuro una chance la merita.
Un senegalese che libera un francese non si era mai visto, ma c’è sempre una prima volta.
Nell’immagine: Jean Cossiers, Prometeo si impadronisce del fuoco.
di Ludwigzaller
Di
Redazione LaViola.it