Ha davvero fallito Rocco Commisso? La domanda di Ludwigzaller
La piazza calcistica fiorentina prende di mira, non sempre a ragione, i calciatori e gli allenatori, ma anche i presidenti ne sono vittime. Un luogo comune che si è ormai affermato è che Commisso abbia fatto male, e che il suo primo anno e mezzo alla Fiorentina sia stato un disastro. Se guardiamo alle cose con meno passione e più razionalità il quadro cambia. Il piano industriale di Commisso era chiaro dall’inizio. L’obiettivo, prima di tutto, era favorire quello che gli storici economici chiamano take off, in italiano decollo, della società attraverso investimenti nelle strutture. Le immobilizzazioni danno alle società basi solide e consentono di accedere più facilmente al credito. Per quanto riguarda il centro sportivo, il risultato è stato colto: il cantiere è aperto, i lavori dureranno mesi, ma presto la Fiorentina potrà contare su di un complesso tra i più grandi e moderni d’Italia. Non è poco.
Il lavoro fatto per lo stadio è stato altrettanto importante. Commisso si è dato molto da fare, ha costretto la giunta, la regione, persino il governo, a venire allo scoperto. Alcune soluzioni sono state scartate, altre sono ancora allo studio, ma Rocco non molla ed è un interlocutore molto più agguerrito di quanto fossero i Della Valle. Potrebbe cogliere due obiettivi, entrambi favorevoli: il restauro del Franchi a spese del comune o la costruzione di un nuovo impianto a Campi Bisenzio. Commisso preferisce la seconda soluzione, ma non scarta naturalmente la prima. Una volta completate queste due operazioni, la Fiorentina sarà pronta per giocare un ruolo diverso e molto più importante nel calcio italiano.
Mancano all’appello i successi sportivi. Sul piano strettamente calcistico Commisso non si è mosso bene. Aveva confermato Montella e, affiancandogli Pradè, ricostituito la coppia che aveva ottenuto i migliori risultati del nuovo millennio. Si è fatto poi tradire da una serie di risultati negativi che non erano dovuti all’allenatore ma a certe debolezze oggettive della rosa. La sua difesa di Montella è stata inizialmente generosa e intelligente. Poi tutto è franato. Una crisi che poteva essere temporanea è diventata permanente. Abbiamo cambiato tre allenatori senza successo, gli uomini chiave, come Ribery e Castrovilli, sono entrati in crisi e la retrocessione non è ancora scongiurata.
Certo ha ragione Rocco a parlare di meritocrazia, ma nel calcio una serie di sconfitte non misura il fallimento di una squadra. Accade spesso che ci sia una alternanza di cicli fortunati e sfortunati. Le società vincenti danno fiducia all’allenatore anche se in alcuni momenti le cose non vanno come si sperava. L’importante è che ci sia un progetto di gioco preciso, e che la squadra abbia dato segnali di esser viva, come capitava alla Fiorentina di Montella quando andava a vincere col Milan o bloccava sul pareggio Juventus, Atalanta e Inter, sempre dimostrando un atteggiamento coraggioso e provando a fare spettacolo. Sono errori da correggere. Gli imprenditori veri, però, non mirano a risultati immediati, spesso illusori. Guardano lontano e hanno pazienza.
di Ludwigzaller
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Ludwig