Tofol Montiel come il calabrone di Einstein secondo Ludwigzaller
La storia che voglio raccontarvi si svolge a Princeton, NJ, in un pomeriggio di primavera di settant’anni fa. Il professor Albert Einstein è appena uscito dal suo laboratorio e per recuperare le forze ha deciso di fare una passeggiata. Si sdraia in un prato, appoggia la borsa per terra. In quel momento un calabrone si posa sulla borsa, prende il volo, poi torna a posarsi. Einstein ne osserva la struttura e le ali, poi la sua mente brillantissima è attraversata da un’intuizione che è come una scossa elettrica. Questo insetto secondo le leggi della fisica, pensa Einstein, non potrebbe volare, ma lui non lo sa. E vola. Non sono riuscito a trovare una conferma di questa storia.
La frase sul calabrone gira molto in rete, ma come tante frasi di questo genere non ha una vera paternità. Non è quindi una frase di Einstein, di questo possiamo essere certi, ma ha un suo interesse che riguarda il metodo scientifico. La scienza formula delle leggi, certo, che sono molto rigorose, ma basta un singolo fatto, apparentemente di poco valore, per mandare a monte una verità scientifica e costringere gli scienziati a un ripensamento che in certi casi è radicale. Quello che si chiama il paradigma scientifico crolla e con esso la nostra visione del mondo. Pensiamo allo stesso Einstein, a Newton o a Galileo, a Pasteur che si accorge che per guarire i malati bisogna inoculare proprio il virus che provoca la malattia.
Anche la storia di Tofol Montiel incomincia in un prato. Siamo a Moena, nell’estate 2018, e il ragazzino di Maiorca è stato appena aggregato alla squadra viola per il precampionato. Dopo un paio di giorni i tifosi si accorgono che il suo tocco di palla è vellutato e preciso. Tofol si muove in campo con la disinvoltura dei campioni, batte le punizioni e i rigori, vede la porta e segna anche su azione. Diventa così un beniamino e viene aggregato alla Primavera. Esordisce in Serie A in Fiorentina-Torino, ma gioca solo cinque minuti. L’anno dopo c’è Montella in panchina. Nella partita di Coppa Italia con il Monza, avversario difficile, con Brocchi in panchina e Galliani dietro le quinte, Tofol ritrova il compagno della Primavera Vlahovic e gli serve due assist che sbloccano la gara. Poi una lunga parentesi, non viene più utilizzato in prima squadra. Va a giocare per qualche mese in Portogallo senza fortuna. Torna ed è di nuovo protagonista, nel novembre scorso, in Coppa Italia. Con un suo goal, bellissimo, la Fiorentina batte l’Udinese.
Altre possibilità in prima squadra non gli capitano. I preparatori atletici sono convinti che non possa giocare in Serie A, e Prandelli lo liquida con una frase gelida: lasciatelo in pace, è un ragazzino. Il calcio di oggi non farebbe per lui, non ha la giusta struttura fisica, la muscolatura è quella di un adolescente. I difensori lo farebbero a pezzi. Il fatto è che lui non lo sa, e come il calabrone di Einstein continua a svolazzare nei pressi dell’area avversaria e a pungere con il suo pungiglione. Fino a quando almeno non cambierà il paradigma.
Di
Ludwig