Come spiega magistralmente Bertrand Russell nella sua Storia delle idee del secolo XIX, il conservatorismo che fece seguito alla sconfitta di Napoleone si incarnò in alcuni uomini: lo zar Alessandro, l’imperatore Francesco di Austria, Federico Guglielmo di Prussia e il re di Francia Luigi XVI, cui si aggiunsero i cancellieri Metternich, Castlereagh e Talleyrand.
Furono questi i protagonisti del congresso di Vienna che nacque con lo scopo di mettere da parte le novità che erano emerse e si erano affermate al tempo dell’Illuminismo, della rivoluzione francese e dell’impero napoleonico. Un grande processo di restaurazione è stato avviato anche a Firenze negli ultimi due anni, con caratteri non dissimili, in un certo senso, da quello che ebbe luogo nel primo Ottocento. Un processo di cui a distanza di tempo possiamo celebrare e sancire il fallimento. Anche in questo caso ci sono stati uomini che ne hanno tessuto le fila e plenipotenziari che lo hanno attuato.
La nostra restaurazione ha preso le mosse dal fallimento dei programmi idealistici attuati all’epoca di Pradè, Montella e Andrea Della Valle. Ne è stato artefice Diego della Valle, che si è affidato ad un direttore sportivo esperto e di sua fiducia. Corvino doveva innanzitutto spendere meno e ridurre il budget; ma il Corvo non si è limitato a risparmiare.
Il calcio elaborato e moderno di Montella aveva subito una svolta nel senso di una certa inutilità barocca all’epoca di Sousa. Corvino ha scelto un allenatore con idee calcistiche tradizionali. I campioni dai piedi buoni sono stati sostituiti da calciatori non eccelsi tecnicamente ma capaci, si sperava, di sopperire alle carenze tecniche con l’impegno e con la forza. Era il ritorno al potere di una generazione dalle idee calcistiche obsolete, e oggettivamente più anziana: Diego vecchio più di Andrea, Corvino più vecchio di Pradè, Pioli più vecchio, anagraficamente e tecnicamente, di Montella e di Sousa (la sua tesi a Coverciano verteva sulle catene nel 4-4-2).
Quel che è accaduto ha vanificato le aspettative. Il gioco si è rivelato antiquato, ripetitivo e prevedibile; la mancanza di qualità a centrocampo ed in attacco si è fatta drammaticamente sentire. Pioli ha tamponato le ferite scegliendo la via di tranquilli pareggi, di scarsa utilità per la classifica; ha tenuto testa dignitosamente ad alcune squadre che gli consentivano di giocare in difesa e sfruttando le ripartenze; ma ha fatto naufragio contro la Sampdoria, meglio allestita, con giocatori di qualità maggiore e con un allenatore tatticamente più avveduto e moderno. Quella sconfitta deve aver minato le già fragili sicurezze dei giocatori, che oggi hanno di nuovo subìto, contro l’ultima in classifica, senza colpo ferire.
Le restaurazioni quasi mai funzionano. Nella storia come in amore. Durò poco l’equilibrio sancito al congresso di Vienna. Trent’anni dopo, nel 1848, rivoluzioni scoppiarono contemporaneamente in diverse parti d’Europa e si capì che l’imposizione forzata di atteggiamenti del passato non aveva portato a nulla.
Tutto fa pensare che anche questo tentativo di restaurazione viola sia fallito, che la stagione sia persa, e che sia necessario ripartire da zero: con un nuovo allenatore, un nuovo ds e nuovi giocatori. Si attende insomma un Quarantotto che non può essere ritardato, capace di riportare freschezza di idee e qualità di gioco nelle antiche stanze.
di Ludwigzaller

Di
Redazione LaViola.it