L’infanzia fiorentina di Roberto Calasso, l’editore di Adelphi, e la sua (ipotetica) passione per la Fiorentina
C’era una volta… Vlahovic diranno i lettori.
No, c’era una volta un pedagogista, Ernesto Codignola, che dopo aver studiato a Pisa si stabilì a Firenze, creò una scuola, si sposò con Anna ed ebbe una figlia di nome Melisenda. Con un nome così la bambina era inevitabilmente destinata a qualcosa di grande. Difatti, una volta cresciuta, si sposò a sua volta con un illustre giurista, Francesco Calasso, e dalla loro unione nacque il più grande editore italiano del tardo Novecento, Roberto Calasso. A quel che sappiamo l’Adelphi nacque in silenzio, senza disporre di capitali ingenti, con un programma che si fondava su due punti: stampare libri unici, e quasi sempre sconosciuti. E stampare libri di autori come Nietzsche che in Italia erano tacitamente proibiti. Decisivo fu l’aiuto di un tal Bobi Bazlen, acutissimo e originale letterato, di cui ancora si parla poco. Grazie ad Adelphi leggemmo autori come Kundera, Lorenz, Roth, Bolaño.
Nella Firenze degli anni Cinquanta Calasso nacque e visse fino alla prima adolescenza. Il padre era un’autorità, Calasso si aggirava per una casa piena di antichi incunaboli, libri di storia del diritto di cui Calasso padre era studioso e professore. Francesco Calasso, antifascista, aveva rischiato la vita al tempo dell’assassinio di Gentile. Era stato infatti accusato di essere una delle menti che l’aveva organizzato. La città gli appariva accogliente e famigliare. I viali erano privi di traffico. In poco tempo il ragazzo arrivava in centro e si infilava al Viesseux.
Della sua infanzia fiorentina Calasso non aveva parlato molto, ma prima di morire ha mandato alle stampe per Adelphi un libro di memorie riguardante quel periodo, che si intitola Memè Scianca e che è da leggere. Sappiamo che Roberto era appassionato di calcio e che le partite erano per lui l’occasione di appassionate discussioni intellettuali. Si giocava e si parlava di Proust o di Croce. Mentre leggevo Memè Scianca ho pensato per un attimo di essermi imbattuto in un illustre tifoso della Fiorentina. Tutto tornava. Un ragazzino vissuto a Firenze in quegli anni, anni in cui la Fiorentina vinceva gli scudetti non poteva che essere viola. Ebbene no, con immenso dispiacere debbo annunciare che Calasso ha continuato ad amare il calcio, forse a giocarlo, ma presto si è collocato su di un’ideale “altra sponda”. Ha incominciato a tenere per la Juventus. Nell’editoria ha fatto insomma scelte minoritarie e originali, nel calcio ha seguito la maggioranza. A me pare infatti che la Fiorentina sia raffinata e speciale come l’Adelphi, la Juventus banale e risaputa come la Mondadori. Peccato. Resta l’immagine di questo ragazzino intelligentissimo che si aggira per una Firenze colta, tra il Viesseux, le case editrici come La nuova Italia, di proprietà del padre, intellettuali finissimi e politici come La Pira. E si sporca di fango le scarpe nuove giocando a pallone.
di Ludwigzaller
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Ludwig