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Il blog di Ludwigzaller: Pazzi

Il giorno della congiura dei Pazzi (26 aprile 1478), all’ultimo momento, i congiurati dovettero affrontare un inaspettato problema: Giovanni Battista da Montesecco disse che non se la sentiva di versare sangue in una chiesa. Con un gesto in cui si riassume lo spirito stesso del Rinascimento, epoca di fede ma anche di boccaccesca e cinica miscredenza, si fecero avanti due frati, Stefano da Bagnone e Antonio Maffei da Volterra, i quali evidentemente in chiesa si sentivano a casa propria.  Al momento prefissato i due non esitarono a gettarsi, in duomo, durante la messa, contro Lorenzo dei Medici,  ma non erano adusi a maneggiare il pugnale. Lorenzo ne uscì con qualche ferita, mentre, come si sa, suo fratello Giuliano fu colpito a morte da Bernardo Bandini e da Francesco de’ Pazzi. Della congiura conosciamo numerosi dettagli che nel tempo gli storici hanno riportato alla luce. Sappiamo ad esempio che la vendetta dei Medici fu terribile, e coinvolse, oltre ai congiurati, molti altri che facevano parte del network dei Pazzi. In un mondo in cui la violenza era regolata e controllata, si agì senza nessuna regola e senza nessuna pietà, tra impiccagioni alle finestre di Palazzo Vecchio e cadaveri trascinati per le strade. Sappiamo anche che nella congiura ebbe una parte importante il papa Sisto IV, che lavorava per le ambizioni di suo nipote, il cardinale Girolamo Riario.

La geografia politica di allora ricordava per certi versi l’attuale geografia calcistica. Firenze contava meno di quello che si pensa, Lorenzo aveva bisogno di forti alleati per poter sopravvivere politicamente, e gli toccò andare personalmente a Napoli per cercare di convincere Ferdinando di Aragona a lasciar perdere l’alleanza con il papa contro di lui. Le autentiche potenze erano appunto Roma e Napoli, la Milano degli Sforza, poi di Ludovico il Moro, e una Venezia per il momento relativamente defilata, ma in forte ascesa. Posso invece rassicurare quelli che si chiedono quanto contasse Torino: pochissimo. D’altronde diciamolo, nemmeno Lorenzo si era mai sentito abbastanza forte per puntare allo scudetto, aveva messo su una buona squadra, con uomini di classe come il Poliziano e Botticelli, il settore giovanile era curato, tanto è vero che ne sarebbero usciti Machiavelli e Michelangelo. Ma per lo scudetto era presto.

Era pronto ad entrare in azione, però, al momento della congiura dei Pazzi, anche il duca di Urbino, Federico da Montefeltro, uomo d’armi ma cresciuto in un convento, cieco da un occhio per le conseguenze di un torneo, e con un naso che un chirurgo aveva ridotto di proporzione per consentirgli di vederci meglio (agli Uffizi se ne vede il doppio ritratto con la moglie Battista Sforza, fatto da Piero della Francesca). Una lettera cifrata di mano di Federico, recentemente riscoperta e decrittata da Marcello Simonetta, lo proverebbe.

Gli scrupoli di un sicario pentito e i pasticci di due preti salvarono insomma Firenze da un possibile dominio marchigiano, ma dove non era riuscito il duca di Montefeltro qualche secolo dopo ebbero più fortuna altri due personaggi originari anch’essi delle Marche: i Della Valle. C’è da credere che se al duca fosse riuscito il piano che aveva elaborato, le polemiche e l’insoddisfazione dei fiorentini non sarebbero state meno forti di quelle che si respirano in questi giorni di fronte all’avara dominazione “straniera” di Diego e Andrea. Sicuramente si sarebbe contestata l’idea del duca di costruire qualche nuova cittadella e ci si sarebbe chiesti se spendeva abbastanza nelle spese militari e nell’ingaggio di condottieri stranieri. Magari portoghesi.  Un segretario del duca, Cognino Cognigni,  sarebbe stato accusato di tener troppo strettamente legati i cordoni della borsa.

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