Nel suo nuovo editoriale Ludwigzaller parla della rinascita del 4-3-3 in casa Fiorentina, dai fasti del ciclo Montella a quelli attuali sotto la guida di Pioli
Il concilio di Nicea (326 d.C.), convocato dall’imperatore Costantino per cercare di mettere fine ai dissidi che erano nati tra i cristiani, si pronunciò sulla trinità e sulla natura di Cristo, condannando definitivamente gli ariani. Si affermò in quel periodo la figura sfuggente, misteriosa e inquietante dell’eretico, di colui cioè che, spinto dal demonio, critica e mette in dubbio il magistero della Chiesa, e propaga dottrine false. Da Pelagio a fra Dolcino a Lutero la lista degli eretici si arricchì di nomi sempre nuovi. I tribunali dell’inquisizione furono incaricati di scovare con tutti i mezzi gli eretici e di processarli, per poi inviarli al braccio secolare per essere combusti sul rogo.
L’eresia di Mario Gomez nacque molti secoli dopo, a Firenze. L’eretico che la propagò sono io. Si veniva dal primo anno di Montella. Grazie ad un nuovo modulo introdotto nel calcio dal Barcellona di Guardiola, il 4-3-3, la Fiorentina aveva ottenuto un’impressionante sfilza di vittorie e si era assicurata il quarto posto. Protagonisti della stagione erano stati i due esterni Cuadrado e Ljajic, il falso nove Jovetic, centrocampisti come Pizarro e Borja Valero. Nell’intento di migliorare la squadra, si pensò bene di prendere un potente centravanti d’area, Mario Gomez, e di cedere Ljajic.
Mentre tutti esultavano e vaticinavano straordinari successi alla nuova squadra, fui il solo, o quasi, a mettere in guardia contro il nuovo acquisto, che non mi sembrava adatto all’idea di calcio di Montella. Per Guardiola infatti “il centravanti è lo spazio”. Un centravanti che sostituisse Jovetic, partente per l’Inghilterra, poi, l’avevamo preso, e si trattava dello sfortunato e straordinario Giuseppe Rossi.
Fu una mossa inopportuna, la mia, che mi attirò una vasta gamma di critiche, alcune civili, altre assolutamente fuori dalle righe e poco urbane (esasperanti e sfinenti quelle di un tal di Signa). Le mie competenze calcistiche furono messe in dubbio e si disse che deliravo. Le pene capitali erano state abolite, sennò mi sarebbero state inflitte. Ero a tutti gli effetti un eretico e fu in quella circostanza che maturai l’idea di creare un blog personale, nel quale esprimere le mie opinioni liberamente. In qualche modo i fatti mi diedero ragione, benché peccassi di un certo massimalismo. Gomez si dimostrò assolutamente inadatto alla Fiorentina di Montella, e dopo due anni di patimenti finì in Turchia. Il 4-3-3 fu progressivamente archiviato, anche per la scomparsa dei giocatori che lo interpretavano al meglio, da Cuadrado a Ljajic, a Salah, a Jovetic, a Giuseppe Rossi.
Chi al 4-3-3 era affezionato sta assistendo con gioia alla sua rinascita nel secondo anno di Pioli. Non è esattamente il 4-3-3 di Montella, lento e compassato quanto questo è rapido nelle transizioni, ma in una certa misura gli assomiglia. E poiché la scienza calcistica non è improvvisazione, i problemi nati allora si sono ripresentati. La teoria del 4-3-3 dice intanto che ci vogliono due esterni di grande valore per poterlo praticare. Dopo anni di vacche magre (Dias, Tello), possiamo dire di averli nelle persone di Chiesa e Pjaca. Al centro dell’attacco occorre un attaccante di movimento e di raccordo. Sono qualità che il Cholito non possiede, e si spiega anche così il suo inizio stentato. A centrocampo il 4-3-3 presuppone un regista alla Pizarro, e non è forse un caso se si lamenti proprio l’assenza di un regista nell’attuale rosa.
Al di là di queste importanti differenze, ciò che il 4-3-3 di Montella ha in comune con quello di Pioli è la capacità di produrre un gioco di attacco fresco e spettacolare, che speriamo di rivedere sin dalla prossima partita con l’Inter.
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Redazione LaViola.it