Una tale alternanza di vittorie e sconfitte ravvicinate determina inevitabilmente in appassionati e tifosi mutamenti di umore repentini. La saggezza e l’equilibrio sono seriamente minacciati. I sintomi sono quelli delle crisi maniaco-depressive: euforia seguita da depressione, un andamento psichico che ricorda quello dei partecipanti all’Eroica, alle prese con le discese ardite e le risalite delle fascinose colline del Chianti. Val forse la pena quindi, prima di perdere del tutto il senno, di tentare una analisi comparata delle ultime due partite, quella di domenica con il Sassuolo, e quella di ieri sera con il Genoa.
I dati statistici mostrano che il Sassuolo ha giocato bene. Il possesso palla (49%) è stato di soli due punti inferiore a quello della Fiorentina, e sono stati molto vicini anche i numeri riguardanti i tiri in porta e le occasioni da rete. Di Francesco ha proposto un classico 4-3-3, con due giovani esterni ed un falso nove, Defrel, che ha tutte le caratteristiche per riuscire bene in questo in ruolo: una tecnica raffinata ed un passato da trequartista ed esterno alto, oltre al senso della rete. Per lunghi tratti il Sassuolo ha attaccato ed ha avuto già nel primo tempo la possibilità di segnare.
La Fiorentina era in campo invece con il suo modulo abituale che del 4-3-3 è l’ultima evoluzione sposata anche, con risultati a dire il vero infelici, da Guardiola: difesa a tre che diventa a quattro in fase di non possesso, due mediani, ed una linea di tre giocatori (quattro in fase di possesso) alle spalle dell’unica punta; e più che a tenere in mano la partita mirava a ripartire grazie ai recuperi palla di Badelj e Vecino, che salivano veloci, cercavano gli esterni o lo stesso trequartista Ilicic, con l’obiettivo di far giungere la palla al geniale Kalinic.
In questo contesto l’equilibrio è stato rotto, oltre che dagli errori del Sassuolo in zona goal, dalla maggiore tecnica e classe di Kalinic, che dapprima ha segnato un goal elegantissimo, niente affatto scontato, a metà tra Nureyev e Van Basten, poi ha acutamente sfruttato un cross di Chiesa per fare, di tacco, il 2-0.
Chiesa, giocatore creato in laboratorio da Paulo Sousa, ha tutte le caratteristiche dell’esterno alto che il portoghese vagheggia: sa avanzare e retrocedere, difendere ed attaccare, saltare l’avversario in dribbling in prossimità dell’area per rimettere al centro o andare al tiro pericolosamente. Sorretto da giovanili energie possiede un fiato inesauribile e corre dall’inizio alla fine con lo stesso impegno.
Di contro, funzionava male la catena di sinistra, con Bernardeschi che per lunghi tratti è sparito, e lo stesso Oliveira, che doveva accompagnarlo nell’azione offensiva, che faceva fatica. Difficile dire se lo scarso rendimento di Berna sia dipeso anche da una marcatura predisposta da Di Francesco. Laddove però Bernardeschi mancava, Kalinic e Chiesa avevano campo libero. Sul 2-0 la partita è virtualmente terminata, ma il Sassuolo ha continuato con il suo gioco senza scoprirsi eccessivamente. Il 2-1 è arrivato a metà secondo tempo ed è apparso meritato. A quel punto la spinta del Sassuolo si è fatta ancora più intensa ma non si è mai avuta la sensazione che potesse arrivare il pareggio.
La squadra reale scesa in campo a Firenze si stava insomma avvicinando a quella che presumibilmente alberga nelle mente di Sousa, benché mancasse ancora la verifica con avversari davvero forti, e certi errori difensivi non lasciassero tranquilli. Queste impressioni positive sono state invece cancellate completamente giovedì sera dal recupero con il Genoa, che Sousa ha affrontato con quel centrocampo a tre e quella difesa a quattro che da molte parti gli venivano chiesti.
Una sorta di embrione di 4-3-3 ma senza quell’apertura del gioco sugli esterni che di questo modulo è la caratteristica migliore e più spettacolare. Il tridente infatti era composto inizialmente, oltre che da Bernardeschi e Zarate, da un esterno basso adattato come Milic. Lo stesso Sousa ha spiegato che il suo intento non era aprire il gioco sulle fasce, ma di chiuderlo, il che, parlando di 4-3-3, è fondamentalmente contradditorio. I successivi cambiamenti in corso d’opera non hanno reso l’assetto tattico più chiaro. A complicare le cose la resa, nel momento chiave del match, di tutta la difesa, a cominciare dal portiere. Nonostante le doti fisiche e l’energia il Genoa non ha dato la sensazione di essere imbattibile. E del resto la sua classifica è peggiore della nostra.

Di
Redazione LaViola.it