Debbo alle pazienti ricerche di un impiegato, come egli stesso si definisce, con una passione implacabile per la letteratura, la più completa ricostruzione che io abbia letto della storia di Ispahan. Il suo nome mi è sconosciuto, ma so che si firma Lucius Etruscus, e che la sua vita, come la mia, fu cambiata, quando era adolescente, dalla lettura di Borges.
Borges la storia la raccontava così: un giovane giardiniere persiano dice al suo principe: salvami, stamattina ho incontrato la morte. Mi ha fatto un gesto minaccioso. Questa notte, miracolosamente, vorrei trovarmi a Ispahan. Il buon principe gli presta i suoi cavalli. Più tardi il principe incontra la morte e le chiede: come mai questa mattina hai fatto al mio giardiniere un gesto di minaccia? Non era un gesto di minaccia ma di sorpresa, risponde la morte, perché lo vedevo lontano da Ispahan questa mattina, e debbo prenderlo questa notte a Ispahan.
Borges aggiungeva che il racconto non era suo, ma una riproduzione alla lettera di alcune righe di un romanzo di Jean Cocteau. Il moderno inventore del racconto, se si esclude una versione presente nel Talmud babilonese, pare proprio Cocteau. Dopo di lui, oltre a Borges, la storia ha affascinato altri scrittori, da John O’Hara, a Somerset Maugham, fino alle versioni recenti di Oriana Fallaci e, persino, di Roberto Vecchioni, per il quale la città verso cui si dirige il giardiniere è Samarcanda.
L’imprevedibile conclusione della vita di Davide Astori è andata in scena in un albergo di Udine, a poche ore dall’inizio di una partita. Il suo personale appuntamento con la morte era fissato lì. La morte ha così fatto la sua ingrata e sgradita irruzione in un universo, quello dello sport, da sempre votato alla celebrazione della giovinezza, della felicità e della gioia di vivere.
Ha voluto ricordarci che è sempre presente e che può aleggiare anche sui luoghi più lieti. Come nella grande scena dipinta da Buffalmacco nel camposanto di Pisa che ci mostra l’incontro con tre corpi in dissoluzione di un’allegra brigata di eleganti cavalieri.
Un’ingiustizia immensa, indicibile, contro la quale qualsiasi protesta è inutile.
di Ludwigzaller
Di
Redazione LaViola.it